La congregazione dei Bianchi in Gavi è intitolata ai SS. Giacomo e Filippo (anno 1399). E’ il più antico tra gli Oratori.

I capitoli della sua Confraternita, composti nel 1723 e confermati nel 1736, ne affermano l’origine antichissima che, per tradizione, risale a 400 anni prima dei capitoli. Nel 1585 fu visitata da Mons. Bossio, Vescovo di Novara, il quale volle controllarne la vera entità dopo il Concilio di Trento.

Nel 1725 la congregazione si unì all’Arciconfraternita di Morte et Oratione di Roma.
Da quel momento i Confratelli cominciarono ad alternare la cappa bianca con quella nera, quest’ultima usata per l’accompagnamento dei defunti, dando così inizio alla suggestiva tradizione delle donne vestite di nero che seguono velate la Processione Eucaristica dell’Ottava del CORPUS DOMINI. I compiti della Confraternita erano la sepoltura dei defunti meno abbienti e dei prigionieri del Forte, la gestione dell’Ospedale, che dava ospitalità ai più disagiati, e del Monte del Grano.


L’Ospedale venne costruito nell’area attigua all’Oratorio e in parte anche sopra, assorbendo nell’istituzione dedicata ai SS. Giacomo e Filippo anche i beni di un preesistente Ospedale dedicato a San Cristoforo. Infatti, fino all’istituzione delle USL e precisamente fino all’anno 1980, nell’ amministrazione dell’ospedale vi è sempre stato un rappresentante della Confraternita.

Attualmente si procede con una convivenza. Ultimamente, la costruzione è stata ristrutturata e ampliata in un’accogliente casa protetta, dove sono presenti una cinquantina di degenti.
Altra opera importante dei Bianchi era il Monte del Grano che, in quegli anni di carestia e povertà, si occupava di anticipare le sementi del grano ai contadini più poveri. Con l’assistenza dell’Ospedale costituivano due elementi importanti per l’aiuto ai più bisognosi. Importante è sempre stato il suo ruolo, fino ad arrivare ai giorni nostri, nelle varie emergenze sociali. La struttura dell’Oratorio, ampliata intorno al XV Secolo, è a navata unica, la facciata è decorata con il simbolo dell’Arciconfraternita di Morte et Oratione e con le raffigurazioni dei SS. Giacomo e Filippo, i Protettori.

L’interno, originariamente, era arricchito dalle scene della Passione, affrescate dal pittore G. Agostino Ridolfi nel 1595 poi andate perdute, mentre si può ancora ammirare la splendida e movimentata interpretazione del Giudizio Universale che G. B. Carlone dipinse nel 1645. Tra i quadri spicca la Madonna della Salute, rappresentata tra S. Gottardo e S. Rocco, eseguita nel 1608 da Bernardo Montessoro di Serravalle Scrivia, restaurata nel 1999 dalla Dott.ssa Francesca Regoli, con il beneplacito delle Belle Arti. Questa pala si trovava originariamente, nella Cappella di S. Gottardo, oggi distrutta, che sorgeva all’esterno delle mura presso la porta detta di “Novi”. Oltre a cappe e tabarri, varie sculture completano l’arredo sacro della Confraternita e rappresentano Santa Limbania, San Rocco e la Madonna dell’immacolata che, con il Crocifisso della scuola del Maragliano (Genova 1664-1739), vennero salvati dalle razzie di Napoleone Bonaparte. Nel corso degli eventi bellici della storia, furono ospitati nella Chiesa soldati di più eserciti e nell’ultimo conflitto mondiale, per conto del Comune di Genova, si salvarono nascondendoli suppellettili di valore artistico, mobili ed altro. Fa parte integrante della Chiesa il pregevole organo liturgico per la cui fabbricazione, la comunità di allora, scelse il migliore artigiano: di Carlo Serassi (1827); l’organo costò allora 4.730 franchi piemontesi. Nel 1975 la Chiesa è stata restaurata con la collaborazione dei Confratelli, ad ulteriore dimostrazione dell’affetto che lega i gaviesi ai loro Oratori. Di recente restauro il Giudizio Universale dipinto in origine da G. B. Carlone.

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