«È questo il monumento più vetusto che ci rimane a ricordanza dei tempi antichi per la storia di Basaluzzo; questo Castello si erge sopra lieve altipiano della regione detta il Vallone la quale è la più antica parte che venne abitata di questo paese, come osserva il Gianfrancesco Capurro nelle sue Memorie e documenti da lui raccolti per servire alla storia della Città e circondario di Novi – pubblicate nel 1855. Questo Castello sta come sentinella avanzata a guardia fra il confluente del Lemme che tributa le sue acque nell’Orba ed il tiro delle due frecce d’incrociamento di questi due torrenti. A tramontana guarda i già castelli di Boidina e Predosa. Verso levante scorge quello di Novi e Pasturana. Sul mezzodì la torre di Capriata e a Settentrione il fortilizio di Fresonara che venne distrutto nel 1404 dai Ghibellini guidati da Facino Cane. Tale è la sua topografica posizione. La strada Provinciale che viene da Novi, lo rasenta, e volgendosi dinanzi la porta castellana, vi scorre sotto scendendo nelle valli del Lemme e dell’Orba per mettere capo ad Ovada. Meno che dalla parte d’ingresso che è a levante, vien tutto fasciato all’ingiro da un alto rivone popolato di fitte piante d’Olmo e roveri su di quella macchia sorgano le sue robuste basi in modo che si presenta con un solo accesso o porta; sormontata dal gentilizio stemma (oggidì) dei marchesi Negrotto-Cambiaso. L’ingresso è verso il Paese ed è collocato fianco della torre di difesa, che negli antichi tempi era munita di ponte levatoio di cui ancora oggidì se ne scorgono le visibili traccie in quella stessa torre. Un’altra torre di guardia si elevava di forma rotonda, sull’angolo nord di detto castello ed era collocata quasi di rimpetto all’attuale Canonica od abitazione del Prevosto, la quale venne demolita in principio di questo secolo. Altra torre di guardia serviva l’attuale Campanile sulla quale stava collocata la Campana feudale che dava i rintocchi quando il bisogno lo richiedeva; o dava campana martello, allorché il castello era stretti da imperiose necessità o di offesa, o di difesa. Questa torre poi sullo scorcio del 1500 venne ceduta o donata dal feudatario per uso di Campanile della parrocchia, e ciò avvenne posteriormente alla Bolla Pontificia Instaurandus di papa Innocenzo X che venne emanata nel 1652. Passando ora a tratteggiarlo un pochino nel suo interno, diremo, che entrato dall’unica porta castellana, il visitatore trovasi sotto un ampio atrio sorretto da robuste pile, muri, ed archi, dando l’accesso a destra ad uno scalone con gradinate in marmo della larghezza di oltre due metri, ed a manca ad una porta con lesene ed architrave di granito, quest’era la porta che serviva prima alla proprietà del Municipio. Un’altra porta pure a sinistra da adito alla sale ed agli appartamenti del pian terreno. Qui giunti ci troviamo in uno spazioso cortile nel cui centro vi è un gran pozzo vagamente coperto di arbusto e di rampicanti che prendono la forma di un berceau. Questo pozzo è munito di solida pompa premente ed aspirante che mediante tubi mette l’acqua in serbatoi sino all’altezza dei tetti, e di là si ramifica a piacimento e discende per tutti gli appartamenti e nei bagni muniti di ben distribuiti rubinetti. Volgendosi, l’osservatore, colle sue spalle a manca, di fronte e di destra, scorge l’ossatura e l’antica forma di costruzioni delle robuste mura che reggono tutto quell’edifico e spontanea sorge l’idea dei tempi feudali e per associazioni di idee pare di scorgere ancora le prigioni ed i sotterranei antichi e ne hai ben donde, perché questo castello in quei tempi, non solo serviva di amena villeggiatura come ai giorni nostri, ma allora chi l’abitava vi esercitava i diritti di misto e mero imperio, ed in quell’epoca di feudalismo nei sotterranei di questo castello si tenevano le prigioni, che i più vecchi di questo paese sentivano ricordare dai loro nonni, nelle quali si discendeva per una scala in muratura. Passati quei tempi tristi, mutatesi le condizioni sociali, mutato il pubblico regime, pure quei luoghi di terrore si convertivano in cantine, cucine, e lavanderia. Inoltrandosi, il visitatore di alcuni passi verso il tramonto gli si presentano aiuole cosparse di fiori e di profumate erbe, e giunti all’antica ghiacciaia incomincia il terreno a convergersi al declivio tutto all’ingiro del castello; e tra fiori e piante e ben scompartite strade ed aiuole si raggiunge il piano, ove vegeta un ricco frutteto si per qualità di frutta come per varietà e pare di essere discesi da un giardino pensile».
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L’ha ribloggato su Alessandria today.