Sulla via Garibaldi si ammira l’imponente PALAZZO CENTURIONE, bell’esempio di architettura genovese del secolo XVII, ora sede del Municipio, con elegante porticato a crociera.
All’interno, in quattro sale rimaste integre, è collocato il Museo civico costituito nel 1986, ricco di reperti archeologici dall’età della pietra sino all’epoca romana.
Vi sono anche lapidi, statue e quadri tolti dalle chiesette abbandonate, mappe settecentesche, pergamene, gli Statuti del 1400, antiche armi, ex-voto del 1600 e lavori in ferro battuto. Un’ala dell’edificio ospita l’Archivio storico completamente riordinato.
Sulla piazza principale sorge la CHIESA PARROCCHIALE DEI SANTI PIETRO E PAOLO, imponente costruzione romanica del XII secolo, restaurata nel secolo XVI e a fine ‘800. Notevole il portale con leoni stilofori, lunetta e capitelli, eseguiti dal magister Albertus all’epoca di Federico Barbarossa, come attesta la scritta latina che la attornia (Nell’anno 1183, al tempo dell’imperatore Federico, su progetto di Ottone Bal…, io maestro Alberto terminai quest’opera). Nell’interno, a tre grandi navate, un dipinto su tavole di Alessandro Berri, illustrante “L’Ultima cena”, un affresco del XV secolo rappresentante la “Madonna della Misericordia”, e quattro capitelli del 1100, residui della antica pieve. Nelle cappelle sono esposti altri capitelli firmati da magister Albertus. Nelle 14 cappelle laterali vi sono tele di Galeazzo Pellegrino, Tirsi Capitini, Geronimo Borghi, Pietro Grassi e Cristoforo Mina. Di grande interesse artistico la cappella del SS. Sacramento, detta anche “capella lunga”.
Di fronte alla chiesa sorge il PALAZZO PRETORIO (castello dei Torriani e Bandello) col bel porticato ogivale, bifore e arengo. Al piano superiore alcune sale con affreschi dei secoli XV e XVI. Il castello é dominato da una torre merlata, alta 39 metri, le cui strutture originarie sono antichissime. All’interno é situata la Biblioteca “Pier Angelo Soldini”, animatrice della vita culturale castelnovese.
Il gualdo, oro blu
Ben pochi però fra gli stuoli di portatori di jeans sanno che quel “blue” così “iconico”, dalle molte sfumature, ha all’origine una pianticella, il gualdo. Isatis tintoria, la designazione scientifica, rende edotti sulle sue proprietà tintorie e anche curative (Isatis, dal greco, “pelle bella”) . Proprietà che, a dispetto dell’attuale scarsa conoscenza della pianta, ha fatto la fortuna di molti. Per questo si parlava di “oro blu”.
Un oro noto da tempi remoti: già nel 9000 a.C. a Catal Huyuk, in Anatolia, se ne sono trovate tracce circa il suo utilizzo. La pianta è in effetti di origine eurasiatica e intenso fu nei secoli successivi l’utilizzo degli Egizi, imitati poi dai Greci e dai Romani che lo diffusero in ogni angolo dell’impero. Grazie al gualdo i mercanti medievali di coloranti per tessuti accumularono ingenti ricchezze. E venendo a tempi più recenti, sempre l’oro blu del gualdo è alla base della passata prosperità di Castelnuovo Scrivia . Fin dai tempi di Federico Barbarossa imperatore, e poi durante il Rinascimento, Castelnuovo fu il maggior centro di produzione e lavorazione del gualdo (definito “lombardo” poiché l’area di coltivazione, compresa fra Casteggio, Voghera, Castelnuovo, Tortona e Novi rientrava nello Ducato di Milano).
Da una lunga e complessa lavorazione delle foglie si ottenevano dei pani (panët a Castelnuovo, cocagne in Provenza, da cui paese della cuccagna ossia “paese ricco”) che imbarcati a Genova andavano per tutta Europa. Dai pani si otteneva appunto il blu, blu di Genova, blue-jeans: ecco la genesi del nome! Con l’aggiunta di principi coloranti tratti da altri elementi naturali come la robbia, la cocciniglia, l’anthemis tintoria e lo zafferano, oltre alla gamma dei blu si potevano ottenere anche il nero, il verde, lo scarlatto e il viola. Ma torniamo alla pianta. Una crocifera dal ciclo biennale: il primo anno produce una rosa di 40 centimetri di foglie (dal cui pigmento contenente indigotina si ottiene la tintura), il secondo cresce fino a un metro e mezzo ricoprendosi di centinaia di fiorellini giallo-dorati che producono semi violacei. Ricaccia poi per un decina di anni, ma perde via via capacità coloranti e vigoria.
La pianta è oggi pressoché scomparsa, ma è stata reintrodotta a Castelnuovo Scrivia intorno al 1990. Lo si può vedere in paese e in campagna, lungo le stradine perimetrali della riserva naturale. In paese al gualdo sono stati eretti monumenti, coppie di antiche macine (sul territorio ne sono state ritrovate una ventina) affiancate da aiuole e da pannelli illustrativi. La stagione giusta per l’osservazione è il cuore della primavera, nel mese di maggio, in piena fioritura e ricoperto d’api.
Così scrissero a tal proposito del gualdo Antonello Brunetti eToni Farina