Novi vanta una Chiesa dedicata al Sant’Andrea. La Chiesa fu costruita probabilmente tra il XIII e XIV secolo ed era strettamente legata al Castello al quale si accede tramite la salita posta a lato. L’edificio è stato totalmente ristrutturato nella seconda metá del secolo XVII. Le decorazioni pittoriche della volta a botte che copre l’unica navata sono state realizzate nel corso dell’ultimo decennio del secolo XVIII da G. e A. Muratori che avevano già realizzato opere all’interno della Chiesa della Collegiata.

Il cattivo stato di conservazione del campanile della Chiesa di S. Andrea già lesionato da crolli parziali nel 1700, indusse il consiglio della Fabbriceria il 16 giugno 1836 di addivenire alla costruzione di una nuova torre campanaria. Per questo motivo presentava domanda di autorizzazione alla civica Amministrazione per demolire una parte delle mura della città per costruirvi le fondamenta del campanile; lo scavo doveva essere di tre metri sotto il suolo della sacrestia.

A novembre di quell’anno si approva il progetto dell’architetto novese Becchi e di affidare l’esecuzione dei lavori alla società costruttrice di Angelo Zaccheo e Pietro Sovera. L’opera viene realizzata nel corso di tre anni e la spesa ammontò a 7800 lire circa per i materiali e 2069 per la mano d’opera, usando così tutto quel capitale che ancora rimaneva della favolosa eredità di Don Parodi.

Il materiale per la costruzione del campanile venne dettagliatamente scelto del più pregiato.

La Chiesa si affaccia sulla piazza omonima (che per qualche anno agli inizi del 1900 si chiamò Piazza Giordano Bruno a causa di uno screzio nato tra l’Amministrazione comunale di allora e il Parroco) ed era subito a ridosso di Porta Genova, abbattuta nel 1906, una della quattro porte di accesso alla Città che era circondata di mura.

Concentrando l’attenzione sull’altare maggiore dentro la chiesa mi piace riportare qui quanto scritto dal Sac. Franco Zanolli, sul volume “La Chiesa di Sant’Andrea in Novi Ligure” – edito a cura della Cassa di Risparmio di Alessandria (senza data, ma dopo 1978), pagg. 35 e 36

Ecco quanto segue:

“Finita l’opera di decorazione e di pittura si pensava alla sostituzione del vecchio altare di legno dorato (come si è visto dalla relazione del rettore Nicolò Ghezzi del 1620), con una costruzione in marmo policromo.

Un’opera veramente imponente per quei tempi, ma resa possibile sempre per la cospicua eredità del Rettore Parodi. L’altare risultava poi come monumento funebre al detto Rettore Don Parodi, avendo posta la sua tomba sotto il pavimento del coro.

Dietro l’altare su una lapide si legge:

PETRO FRANCISCO PARODI

EXIMIO HUJSCE PAROCHIALIS ECCLESIAE RECTORI

QUAM VIVENS INGENUE DILEXIT

MORIENS

AMPLI PATRIMONII SUI INSTITUIT HAEREDEM

CAROLUS BOCCARDI

TANTI VIRI IN PASTORALI MUNERE

SUCCESSOR

AC ALOISIUS DE CAPTANEIS

TESTAMENTI CURATOR

IPSIUS HAEREDITATIS IMPENSIJS

TEMPLUM HOC

ARA MAXIMA SPLENDIDE FABREFACTA

ALIJSQUE DECORANTES ORNATIBUS

IN GRATI ANIMUM MONUMENTUM

P.P.

ANNO MDCCXCVIII

A Pietro Francesco Parodi, esimio rettore di questa chiesa parrocchiale che schiettamente amò quando era in vita e morendo stabilì erede del suo ingente patrimonio, Carlo Boccardi successore di così grande uomo nell'ufficio pastorale e Luigi Cattaneo esecutore testamentario con i proventi della sua eredità arricchendo questo tempio con l'altare maggiore costruito splendidamente e con altre decorazioni in segno di gratitudine posero anno 1798. 

Bartolomeo Calderola comperava l’altare a Genova dal De Lucchi per L. 7.300 trasportato a Novi e messo in opera dal lavorante marmoraro che pure veniva da Genova con l’aiuto del muratore Giacomom Zaccheo. Il lavoro per la messa in opera dell’altare durò dal 3 maggio al 1 giugno del 1799. Vi lavorò anche il falegname Vincenzo Bisio per i capitelli ed i piedestalli delle colonnine. Il 25 di agosto veniva posta una porticina d’argento alla custodia del nuovo altare per una spesa di L. 226 e per fogli oro da rivestire i capitelli delle colonnine si spese dal Sig. Pavese L. 19,4. Al Sig. Binelli poi per balaustra a quadri in marmo bianco L. 1.700 e al ferraio Leone Spinso L. 28,8 per ferrature dell’altare e cancello della balaustra.

Laltare manomesso e privato di molti dei suoi ornamenti al tempo delle razzie napoleoniche verrà restaurato nel 1822.

Caratteristica di questo altare il tabernacolo inserito in un sontuoso ciborio formato da otto colonnine di marmo verde abbellito e reso vivace per la presenza di tanti putti ed angeli adoranti.

Fanno cornice alla porticina del tabernacolo, scolpiti in un blocco di marmo bianco, i quattro simboli degli evangelisti: un volto di angelo (S. Matteo); una testa di leone (S. Marco); una testa di bue (S. Luca); una figura d’aquila (S. Giovanni).

A parte il valore artistico, il significato religioso è profondamente teologico. La Parola di Dio si è fatta carne nel Cristo Gesù. Scrittura ed Eucaristia segnano e fanno l’unità ed il compimento del volere di Dio nella salvezza dell’uomo. Alla parola di Dio e all’Eucarestia si nutre l’anima del fedele. Concetto molto sviluppato ed evidenziato dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

Parola ed Eucarestia – liturgia della Parola, liturgia Eucaristica; ecco il sacrificio, il sacramento culmine e fonte della perfezione e della vita del cristiano.”

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