Il teatro “Romualdo Marenco”, costruito nel 1839 dall’architetto civico Giuseppe Becchi su modello del Teatro Carlo Felice di Genova e in seguito dedicato al musicista novese (1841-1907), è decorato da dipinti del pittore genovese Giuseppe Isola.
Impostato su una pianta a ferro di cavallo, il teatro Marenco, originariamente dedicato a Carlo Alberto, si inserisce nella tipologia di sala teatrale detta “all’italiana”, connotata dalla presenza di più ordini di logge sovrapposti, divisi da tramezzi radiali in tanti palchetti indipendenti, che sostituiscono la cavea ed i gradoni dei teatri costruiti fino al rinascimento, dando alla sala un eccezionale sviluppo verticale e conferendogli il caratteristico aspetto “ad alveare” che contrassegnerà per secoli il teatro “all’italiana”.
Già nel 1965 la Sovrintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici del Piemonte prescriveva di conservare l’edificio quale testimonianza di sala teatrale ottocentesca, ponendo il veto a qualsiasi intervento che non fosse di restauro conservativo, in modo da mantenere le condizioni fisiche della sala più immutate possibile.
Secondo il parere degli esperti il Teatro Marenco, è, potenzialmente, un piccolo gioiello architettonico ed acustico, avendo conservato l’intera struttura lignea originaria della sala e del palcoscenico e le raffinate decorazioni è non avendo ancora subito pesanti perdite o rimaneggiamenti.
MARENCO, Romualdo Giovanni Battista. – Nacque a Novi Ligure il 1° marzo 1841, settimo di otto figli, da Giacomo, messo comunale di Novi Ligure, e da Maria Mottiero, filatrice.
Tra i suoi fratelli, il secondo, Giacomo Francesco, suonava il trombone, la quarta, Luigia, divenne soprano, l’ultimo, Tomaso, fu violoncellista e ricoprì il ruolo di «primo violoncello al cembalo» alla prima di Aida di G. Verdi diretta da G. Bottesini (Il Cairo, 24 dic. 1871).
Dal maggio 1854, dopo un anno di studio con V. Bozzolo e P. Piacenza nella scuola comunale di Novi Ligure, il Marenco entrò come aggiunto non retribuito nell’orchestra del locale teatro Carlo Alberto. Poco più tardi iniziò lo studio del fagotto e forse di altri strumenti a fiato. Entrò come secondo fagotto nell’orchestra del teatro Andrea Doria di Genova, per il quale compose il suo primo ballo, Lo sbarco di Garibaldi a Marsala e la presa di Palermo (1862) e, segnalate da Schmidl, due sinfonie di cui tuttavia non esiste alcuna documentazione. Passò poi come timpanista al teatro Apollo e infine violino di fila al teatro maggiore, il Carlo Felice. Nel contempo proseguì gli studi musicali, forse con Emilio Taddei, ma presto come autodidatta sui metodi di prammatica di S. Mattei e F. Fenaroli. Forse per uno screzio con il compositore Serafino De Ferrari, il Marenco lasciò Genova e si trasferì a Milano: alcuni profili biografici lo indicano violino di spalla alla Canobbiana e direttore dei balli al Fossati, teatro in cui venivano rappresentate operette e prosa.
Non è confermata da documenti la notizia che nel 1867 il Marenco fosse primo violino dell’orchestra al teatro di Istanbul (Cavazza, p. 164), ma la cosa è possibile poiché l’impresario Mhaim Naum da decenni era uso reclutare le masse artistiche in Italia. Esiste invece un contratto fra il M. e la direzione della Scala di Milano, che attesta la sua assunzione come primo violino nell’orchestra a partire dalla stagione di carnevale-quaresima 1871-72 (Milano, Museo teatrale alla Scala, Biblioteca Livia Simoni, Carteggi, CA.1546). Nella stagione successiva 1872-73 il M. divenne «primo violino e direttore d’orchestra per il ballo» e probabilmente tenne questo posto fino al 1879, quando il suo nome non compare più nell’organico orchestrale scaligero (Cambiasi, p. 394). Risale infatti al 1878 il suo primo successo con il ballo Sieba, rappresentato al teatro Regio di Torino e replicato alla Scala l’11 genn. 1879. Da questo momento il M. si dedicò esclusivamente alla composizione, senza tuttavia raggiungere mai una tranquillità economica; saranno infatti più d’uno gli appelli alla generosità dei suoi concittadini per garantirgli una decorosa sussistenza.
Marenco morì a Milano il 9 ott. 1907.
Il M. è considerato il maggior rappresentante della stagione del ballo grande italiano, che con lui raggiunse l’apogeo e si concluse. Il successo internazionale gli arrise grazie alla collaborazione con il coreografo Luigi Manzotti, i cui frutti – la trilogia costituita da Excelsior (1881), ancor oggi rappresentato nei massimi teatri, Amor (1886) e Sport (1897) – consacrarono il M. sul palcoscenico della Scala.
Come operista il Marenco non colse mai il successo; la sua opera più impegnativa è Federico Struensee, su libretto proprio, tratto dal dramma di Michael Beer per cui già il fratello Giacomo Meyerbeer aveva composto le musiche di scena. Il M. non arrivò mai a mettere in scena l’opera, che conobbe un’unica esecuzione postuma il 7 nov. 1908 al teatro Carlo Alberto di Novi Ligure.
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