Un paio di giorni fa sono stato a Sorli, che è oggi una frazione del Comune di Borghetto Borbera, ma fino al 1928 fu Comune autonomo con capoluogo a San Martino. Il nome di Sorli è un plurale anche in latino, dove però è femminile, Surlae.
Esso è un nome ligure, come lo dimostrano la morfologia ed il fatto che di esso non si conosce più il significato. Nel suo territorio, che si estende a ridosso della collina su cui troneggiano i ruderi dell’antico castello, l’insediamento si presenta disperso in numerosi piccoli agglomerati. Essi sono costituiti dalle antiche “ville” di: Albarasca, Figheto, Cella, Crosi (o Croci), Bignasca, San Martino, Pessina, Sabbione, Prato, Chiappa, Guasconi, Cervari, Corti, Poggio Minore e Poggio Maggiore.
La chiesa più antica di Sorli è probabilmente quella di San Martino, situata nell’omonima frazione sotto le pendici del monte che oggi accoglie ciò che rimane del castello.
La piccola chiesa è sicuramente di origine medioevale: possiamo dedurlo dal campanile e dall’abside. La datazione è riscontrabile intorno al XII sec. Il campanile presenta la classica copertura romanica, cioè non si protende verso l’alto.
La struttura è costituita da bifore cieche che ritmano il campanile per non renderlo troppo pesante all’occhio umano. L’abside invece è poligonale. La struttura presenta ancora i conci utilizzati nella costruzione. La facciata invece, a capanna, presenta due lesene con pietra a vista che la incorniciano. Il resto è intonacato. La porta, firmata da Giacomo Bagnasco, è del 1896. A sovrastare il portone invece è un rosone polilobato.
Sul muro dalla parte del campanile troviamo un arco a tutto sesto, che si riproduce internamente. Probabilmente quest’apertura, oggi murata, accoglieva un portico, centro di ricovero per viandanti.
La chiesa è ad una sola navata. L’interno è intonacato. L’arco, le lesene e l’abside invece sono state mantenute con la pietra a vista.
Sulla parete sinistra dell’unica navata troviamo l’affresco di San Martino. Marco Raffa su I segni del tempo (Lions) cerca di analizzarlo. Innanzitutto ci indica che, a differenza del classico S. Martino, non presenta il mantello (la tradizione ci dice che S. Martino divise il suo mantello con il povero), ma al suo posto larghe maniche, tipiche del Trecento. Il colore giallo-oro invece è presente già alla fine del Duecento. Ma l’abito indossato è tipico del Quattrocento. Secondo Il Raffa la posizione delle mani indicherebbe che il personaggio impugnasse qualche oggetto o strumento, ma il frscante ignoto ha voluto probabilmente rappresentare San Martino in pose, così come in abiti, civili: essendo stato un cavaliere vorrebbe sottolineare la rinuncia a tutte le attività belliche.
Nella chiesa è presente anche una statua lignea del 1915: dello scultore Vittorio Ferraro, rappresenta la Madonna con Bambino.