Un bel panorama di Sarezzano

Sarezzano si trova sulle colline tortonesi, a cavallo tra la valle del Grue e le colline che degradano verso la pianura. La parte più antica si stringe ai piedi della collina, dove un tempo sorgeva il castello dei Guidobono Garofoli, feudatari del paese ed ora dominato dalla chiesa medioevale. Da lassù e dalla vicina Montegualdone, un tempo altro castello tortonese, il panorama è sconfinato. La popolazione, oltre che nel capoluogo, risiede in varie frazioni: Baracca, Palazzina, San Ruffino, Rocca Grue e Valle Sant’Innocenzo, che è appartata in una valle laterale. Qui esisteva la Villa Romana dei Quinzi (IV Secolo d.c.).

La frazione San Ruffino è legata alla figura del Santo che qui visse eremita nel IX Secolo. L’esistenza nel territorio dell’attuale Sarezzano di insediamenti di età romana è provata dal ritrovamento di numerosi reperti archeologici: nella frazione di Valle Sant’Innocenzo si trovava la villa della famiglia consolare dei Quinzi, che nel IV secolo diede a Tortona l’undicesimo vescovo della sua illustre storia, San’Innocenzo Quinzio (288 – 353).

Il nome dialettale “Sarsan” rimanda a un’origine ancora precedente al periodo romano: nell’idioma delle popolazioni liguri suonava, infatti, come “regione dei certi”, una varietà di rovere che ha profondamente segnato la toponomastica locale a ricordo della remota prevalenza del bosco e delle selve nel paesaggio naturale. Probabilmente nel VI o VII secolo si stabilirono nella frazione San Ruffino due monaci eremiti, Ruffino e Venanzio, che sarebbero diventati i protettori della parrocchia: le loro spoglie, tumulate originariamente nella Pieve di San Michele, attorno al X secolo, furono traslate nella chiesa sorta all’interno della cinta fortificata del capoluogo.

Nel Medioevo, Sarezzano fu sempre al fianco della guelfa Tortona contro i ghibellini pavesi e nel fatale scontro con le truppe imperiali del Barbarossa: durante lo storico assedio del 1155, vecchi, donne e bambini di Tortona trovarono asilo presso il castello di Sarezzano. Il comune ricadeva sotto la signoria dei vescovi di Tortona: lo stemma dei signori di Sarezzano (scudo d’argento, attraversato da tre onde verdi, avente per cimiero un angolo con il motto “Humilitas omnia vicit”) diverrà in seguito il gonfalone della municipalità. Nel corso del XV secolo il paese passò in feudo ai Guidobono Cavalchini, e tale restò fino alla fine del XVIII secolo, quando, con tutto il Tortonese, entrò a far parte del regno di Sardegna.

Durante alcuni lavori effettuati nella cappella del castello, che era nel frattempo divenuta chiesa parrocchiale, nel 1585, vennero alla luce i resti dei monaci Ruffino e Venanzio; accanto ai due corpi fu ritrovato un prezioso codice alto medioevale, il cosiddetto Codex purpureus, che poi, nuovamente dimenticato, tornerà alla luce solo nel 1872. Si tratta di settantadue fogli di un originale testo dei quattro vangeli scritto attorno al V o VI secolo, su preziosa pergamena rossastra e rinchiusi in una custodia in legno. Il codice, benché lacunoso, è considerato molto importante dagli studiosi quale esemplare unico della liturgia milanese (ambrosiana) precedente all’età carolingia.

Nel 1610 la rocca del borgo fu gravemente danneggiata da un fulmine che provocò anche la rovina dell’attigua chiesa, poi ricostruita e dedicata alla Madonna del Rosario. Le funzioni di parrocchiale sono oggi svolte dalla Chiesa dei Santi Raffino e Venanzio, costruita negli anni Cinquanta nel centro abitato del capoluogo, sotto la collinetta del castello.

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