Dernice è parola ligure, il paese nel 869 era una corticella che l’Imperatore Lamberto donò ad un suo vassallo.

Profilo storico

Le memorie scritte di Dernice risalgono abbastanza indietro: nell’anno 869 Dernice era una corticella che l’Imperatore Lamberto ad istanza di Everardo Conte di Tortona donava ad altro Everardo suo vasso.
Nel 1157 era sotto la giurisdizione temporale del nostro Vescovo cui veniva confermato dal Papa Adriano IV nella bolla più volte citata. Federico Barbarossa adirato contro il Vescovo che gli aveva resistito, glielo tolse con altri castelli e poi rappacificatosi glielo restituì.
Secondo l’uso dei tempi i Vescovi amministravano il paese per mezzo di feudatari; nel 1185 erano investiti del feudo che comprendeva Vigoponzo, Bregni, Restegassi, Roverassi, Fontanelle e Grattere, Guglielmo Pavese e consorti di Dernice, i quali giuravano fedeltà al Comune di Tortona (di cui capo il Vescovo) per il castello e la terra.
Nel 1206, 23 luglio, Oberto di Dernice e suo fratello Ubaldo giuravano obbedienza al comune di Tortona, salvo sempre l’onore dovuto al sig. Vescovo, e promettevano tra l’altro di aiutarlo in guerra, di pagare il giogatico e di far tutte le altre cose solite a farsi dai cittadini tortonesi. Con loro giuravano i consoli di Dernice Guglielmo Ferrari e Giovanni di Casanova e gli uomini dei signori, cioè Bernardo Del Ponte, Bernerio Poggio, Guglielmo di Pulliano, Umberto di Sozzavilla, Ruffino del Bosco, Gandolfo di Roncolongo, Guaranasco, Oberto di Belegno, Cazzo di.Casanova, Obertino del Monte, Balestrieri e Giovanni Vecchi. Molto probabilmente questi uomini dovevano costituire l’esercito dei predetti signori.
Nel 1209 certo Alberto Clapi o della Clapa essendovi guerra violentemente entrò in Dernice e si proclamò signore. La città di Tortona lo citò, ed egli per non essere messo al bando restituì il mal tolto. Il Clapi non deve essere stato il solo violento, e verso Dernice deve esservi stato anche il Marchese Corrado Malaspina che cedette a Tedesio di Monteacuto, a Oberto ed a Ubaldo predetti, tutto ciò che egli aveva acquistato in Derníce dal principio della guerra in poi. I predetti fratelli al 21 novembre stesso anno rinnovarono la loro sottomissione al comune e per il fatto del fossato si rimisero al Signor Vescovo, ed il podestà di Tortona promise loro che si sarebbe adoperato presso lo stesso signor Vescovo perché perdonasse tutte le offese recate a lui dal tempo della guerra in avanti.
Al 30 novembre stesso anno il predetto Tedisio si sottomise al comune e giurò di stare alla decisione del podestà di Tortona per le offese da lui recate al comune ed a tutta la podesteria.
I prefati Uberto ed Ubaldo quantunque investiti di tutto il feudo non ne possedevano che la metà; in un anno non ben precisato il comune di Tortona che ne possedeva l’altra metà la vendette ai predetti: ma nel 1218 la città si pentì di tale infeudazione per esser Dernisio uno dei migliori municipi di detta città, e di nuovo acquistò la metà di detto luogo e castello e giurisdizione. I venditori cioè i figli dei due predetti dichiararon di vender per pagare i debiti paterni e per poter dare la dote alle sorelle.La causa fu riconosciuta giusta dal vescovo, e la vendita venne da lui approvata. Il prezzo era di L. 1.500 di denari pavesi. Da notarsi che nella vendita fra gli altri beni è compreso il castellano.
Nel 1295 il castello era ancora in possesso della città la quale lo faceva custodire da soldati stipendiati comandati da Perotto Gamallero e da altri castellani ed inservienti, per pagare i quali contrasse un mutuo di lire 600 di denari tortonesi.
I signori, nelle loro rare permanenze, abitavano in un fabbricato, ai piedi della torre, che, per, mole e fattura, si distingue dagli altri. Una visita di Carlo Spinola è addirittura ricordata con una lapide “Carolus Spinola vivens anno MDCXXIX aetatis suac LXVI“.
Non dimentichiamo che a Bregni si svolse un vivace combattimento nel quadro della guerra per la Successione di Spagna, fra un corpo di cavalleria imperiale, agli ordini del generale Visconti, e i Gallo-Ispani, comandati dal Duca di Vendome.
E’ certo che a Dernice esistevano, ab antiquo, una comunità cristiana ed, un edificio sacro, dipendendo il paese dal Vescovo di Tortona. Pare che l’antica chiesa fosse situata nei pressi della frazione Vigana, in un luogo ancora denominato San Donnino; vi era anche il cimitero che, secondo l’usanza del tempo, circondava la chiesa, che fu abbattuta nel 1786.
Ma, già verso il 1585, si era deciso di abbandonare l’antico edificio per celebrare le sacre funzioni nell’oratorio di San Pietro, costruito nel 1578 con gli aiuti della famiglia Spinola, sul luogo di una vecchia chiesa, che si trovava in mezzo all’abitato. Al tempo della peste del 1630 anche a Dernice infierì il morbo, come a San Sebastiano: il cadente oratorio di San Rocco testimonia ancora l’avvenimento. L’altro oratorio di Santa Croce in Dernice, eretto appena nel 1853, è già troppo frettolosamente scomparso, per lasciare posto alla nuova civiltà della strada.
Più tardi ai vassalli dei Vescovi succedettero per investitura, per acquisto, o per usurpazione, i signori delle varie famiglie che si contendevano la zona: così Dernice passò, nel sec. XIII, brevemente ai Malaspina, agli Spinola e ai Visconti. Ma, nel 1313, ne diventa signore Opicino Spinola.
Scrive Pietro Giani che i signori di Dernice erano un ramo dei Malaspina in potere dei quali lo troviamo al tempo dei Visconti; e precisamente nel 1382 un certo Antonio Sanazzaro con altri ribelli ai Visconti occupò il forte castello di Dernice: Gian Galcazzo mandò un capitano con soldati per riprenderlo. Nel 1429 Dernice era degli Spinola e loro ancora nel 1706, anno in cui fuvvi una lite per sequestro di bestie da soma e di mercanzie fatto dal capitano Siro Cavalli. Nel 1776 era degli Sfrondatí che si estinsero nel 1788. E il feudo cessò, il castello diroccò e gli abitanti si servirono delle vecchie macerie per far ed nuovi fra cui l’oratorio.
Luce sullo stato finanziario della popolazione medioevale di Dernice ce lo può dare il seguente documento del 1254. Giovanni figlio del maestro Rolando di Dernice, in Genova riceve una partita di sandali, di fazzoletti di seta, di cappucci e di borse di seta da portare a negoziare in Lombardia.
I milleduecento dragoni dei Visconti sostennero l’attacco dei 5000 nemici, e nonostante qualche perdita riuscirono a proseguire sboccando verso Isola del Cantone, ma non riuscirono a raggiungere. il Duca di Savoia Amedeo II in aiuto del quale erano stati spediti.
I signori, nelle loro rare permanenze, abitavano in un fabbricato, ai piedi della torre, che, per, mole e fattura, si distingue dagli altri. Una visita di Carlo Spinola è addirittura ricordata con una lapide “Carolus Spinola vivens anno MDCXXIX aetatis suac LXVI“.
Non dimentichiamo che a Bregni si svolse un vivace combattimento nel quadro della guerra per la Successione di Spagna, fra un corpo di cavalleria imperiale, agli ordini del generale Visconti, e i Gallo-Ispani, comandati dal Duca di Vendome.
E’ certo che a Dernice esistevano, ab antiquo, una comunità cristiana ed, un edificio sacro, dipendendo il paese dal Vescovo di Tortona. Pare che l’antica chiesa fosse situata nei pressi della frazione Vigana, in un luogo ancora denominato San Donnino; vi era anche il cimitero che, secondo l’usanza del tempo, circondava la chiesa, che fu abbattuta nel 1786.
Ma, già verso il 1585, si era deciso di abbandonare l’antico edificio per celebrare le sacre funzioni nell’oratorio di San Pietro, costruito nel 1578 con gli aiuti della famiglia Spinola, sul luogo di una vecchia chiesa, che si trovava in mezzo all’abitato. Al tempo della peste del 1630 anche a Dernice infierì il morbo, come a San Sebastiano: il cadente oratorio di San Rocco testimonia ancora l’avvenimento. L’altro oratorio di Santa Croce in Dernice, eretto appena nel 1853, è già troppo frettolosamente scomparso, per lasciare posto alla nuova civiltà della strada.
La strada nuova per San Sebastiano fu costruita nel 1907 in sostituzione di quella ripida e quasi linea retta che passava davanti al cimitero; quella per Vigo fu iniziata l’anno dopo.

Il Castello

La località, già antica corte citata nell’869, fu possesso vescovile, confermato con la bolla di papa Adriano IV del 1157. Dernice figura tra i castelli sottratti alla giurisdizione tortonese da Federico Barbarossa nel 1164 e quindi ad essa riconfermati nel 1176.
Il maniero del luogo, citato nel 1394 nel trattato stipulato tra il consortile spinolino delle valli Scrivia e Borbera ed il duca d’Orleans, che aspirava alla conquista di Genova, all’epoca dell’inchiesta promossa dal commissario ducale di Tortona C. Massara risultava classificato come castello da battaglia da mano.
Si trattava di un poderoso edificio, ove aveva residenza la famiglia feudataria, diroccato alla fine del ‘700. All’ingresso del castello, esisteva, a memoria d’uomo, un bell’arco in pietra lavorata, sormontato dallo stemma degli Spinola. Il citato General Medico Pietro Giani in Rivista, di Storia etc. di Alessandria, fasc. XLIX, scrive: “Da una grossolana pittura che rimane ma che purtroppo non risale a tempo molto lontano; dalla torre cadente con i pochi merli coperti di edera e di licheni, si può arguire che essa apparteneva al tipo romanico e costituisse una torre di vedetta con una cinta muraria agguerrita, la quale per una sol porta metteva in comunicazione coll’abitato che giace ai suoi piedi, e ciò dimostra per opere di cui rimangono ancora traccia, essere stato tutto il castello circondato di mura e da fortilizi. Il castello non pare possedere ambienti che fossero adibiti ad abitazione dei feudatari, non trovandosi alcun, cenno di ricchezze, ma sarebbe servito a ricovero di milizie mercenarie assoldate per essere di scorta o di guardia alle terre dipendenti. Come si scorge nei pochi avanzi di mura a nord, quivi era la porta di accesso al castello formata da pilastri di arenaria lavorata a cubi che sull’alto del frontale era sormontato dallo stemma gentilizio della famiglia Spinola. Nell’ambito del castello e più propriamente di fronte all’entrata si osserva un basso fabbricato che minacciava in ruina che era adibito forse come corpo di guardia; girando a sud si continuava in robusta muraglia che circondava la torre; nell’intercapedine di detto muro si nota un’apertura che si prolunga nei bassi e sotto la torre non mai esplorata se non dalla fantasia degli abitanti”.

Il maniero sorgeva ai piedi di un’antichissima torre di vedetta in pietra, inopinatamente demolita nel 1962, allorché si rese necessario un suo consolidamento. Originariamente anche tutto il paese era difeso da una forte cinta muraria, che verso il declivio presenta ancora un robusto torrione a pianta circolare.

Chiese e pievi

La parrocchia esisteva già nel 1187. Nel 1257 il rettore della chiesa di S. Donnino di Dernice ricorse alla Santa Sede contro Simone arciprete di Garbagna e contro altri chierici e laici perché avevan tolto alla chiese di S. Donnino buoi, pecore ed altre cose, ed avevan fatto ingiuria ai possessi, alle decime ed alle oblazioni mortuarie della medesima.
Nel 1523 ne era parroco fra Agostino da Musoro. Nell’elenco del sinodo del 1595 si legge: “chiesa parrocchiale campestre di S. Donnino di Dernice, ma per la comodità della popolazione si eseguiscono le funzioni parrocchiali nella chiesa costrutta in detto luogo sotto il titolo di S. Pietro“. Quell’antica chiesa esisteva ancora nel 1786: aveva un unico altare e proprio cimitero, era presso la frazione Vigana in un luogo ancora oggi detto San Donnino.
La chiesa di San Pietro si prese il titolo dell’antica e fu condotta a perfezione dal marchese Carlo Spinola: nella lapide infissa nella facciata si legge che ciò avvenne nel 1620.

Vi erano allora l’oratorio della Beata Vergine di Vico ove si celebrava tutti i sabati e le feste della Madonna; l’oratorio del castello ove si celebrava per comodità del feudatario; l’oratorio di San Rocco; l’oratorio campestre di Bregni.

La parrocchia nel 1847 fu eretta vicaria foranea con altre quattro tolte da Albera e da Garbagna.
Il vicariato fu soppresso nel 1941 ed aggregato al vicariato di San Sebastiano.

Particolarità

Questo paese sorge a cavallo fra le valli Curone, Grue e Borbera, e fin dall’antichità è stato considerato un posto strategico che delimitava il distretto tortonese.
Nelle varie descrizioni del tragitto seguito dalle carovane di muli da San Sebastiano alla Riviera si legge spesso che esse passavano da Dernice. Si deve interpretare “per il territorio di Dernice“: infatti le carovane puntavano verso la Val Borbera risalendo il Museglia e poi l’Arzola e pagavano il pedaggio sul territorio di Dernice passando accanto alla casa forte eretta dagli Spinola proprio a questo scopo e che attualmente si chiama Cabella.
Oltre ai resti del castello, in pratica una torre mozzata, in fondo al paese rimane una torre rotonda in pietra ben conservata. Dernice disponeva di un mulino ad acqua nella regione Roverassa. Un altro mulino più piccolo era in territorio di Bregni.
Un documento del 1654 descrive così il luogo: “Dernice, piccolo feudo di Luciano Spinola, è situato nelle montagne del tortonese in territorio così sterile che se non fusse la vicinanza di San Sebastiano, terra buona e mercantile che somministra alimento al travaglio di quella gente, non si potrebbe sostentare“.

Notizie tratte dal sito http://www.terredelgiarolo.it

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