Il centro di Novi Ligure è storicamente collocato riferendosi ad una piazza intitolata a Mariano Dellepiane (1844-1916). Per lungo tempo fu l’unica piazza di Novi, ricordata a cominciare dal 1233. A due apposite colonne, in passato, si affiggevano i decreti della Repubblica di Genova. Selciata la prima volta nel 1555. Nel 1796 vi fu piantato l’albero della libertà e, quando Novi passò al Regno di Sardegna, si costruì la fontana. Oggi la piazza prende il nome di Mariano Dellepiane, creatore dell’industria tessile novese. In città aprì la tintoria per la stampa dei tessuti ed eccelse nella fabbricazione del fustagno. Fu anche insigne benefattore dell’Ospedale cittadino. Negli ultimi anni della sua vita donava al Comune di Novi Ligure una somma cospicua per l’erezione di un ricovero di mendicità. Preferì chiamarsi più semplicemente: amico dei poveri e tutta la sua vita fu spesa in opere di benficenza e di sollievo.
La piazza cambiò nome diverse volte: fu dedicata alla Collegiata ed a Vittorio Emanuele II.
Prima del 1900, qualcuno la chiamò scherzosamente: piazza dei sette orologi ed un orologio quadrifronte esplose appunto nel 1894, per una fuga di gas illuminante.
Sulla facciata della Collegiata c’è un piccolo marmo a ricordo della Missione Paolina dall’8 al 20 maggio 1934, predicata da padre Giovanni Rossi, allora validissima penna dell’«Avvenire d’Italia» e del «Carroccio». Fu allora che la Madonna Lagrimosa fu portata processionalmente in Castello e la città fu dedicata al Cuore di Gesù. Sul lato a nord della piazza c’è palazzo Costa, un tempo Negrone; sulla facciata due splendide meridiane che inizialmente avevano una fastosa decorazione, andata perduta, componeva un suggestivo motivo di richiamo. Al centro della piazza la fontana del Gaggini eseguita nel 1820 con una spesa di lire 4.700, derivate da un lascito effettuato da lord Bentinck a favore della città che, al tramontar della stella napoleonica, aveva salvato alcuni depositi di sale. Una iscrizione latina, sul basamento che regge il grazioso putto, testimonia: «aqua iugis urbi parta» al tempo del re Carlo Felice. Del prefetto della provincia Francesco Lencisa e del sindaco Baudolino Canefri. Una tradizione vuole che, chi beve l’acqua della Collegiata (oggi la fontana non zampilla nessuna acqua), ritorni nuovamente a dimorare in città. I paracarri che delimitavano la piazza e che, molto probabilmente, risalgono alla sistemazione del secolo XVI, sono stati collocati nel parco del Castello.