Era ieri il giorno di Pasqua, culmine della Settimana Santa. Con essa usi e tradizioni nel tempo ci hanno accompagnati. Mi piace pubblicare qui di seguito alcune righe davvero interessanti che rispecchiano le Storie di Territori e del nostro passato.

Avanza la settimana Santa, ma quest’anno quasi non ce ne siamo accorti. Sbiadiscono ricordi, tradizioni ed usanze, distolti da preoccupazioni e problemi più immediati. Sembra calata una nebbia su quella che era un tempo la settimana santa e la pasqua. Se ripercorriamo con la memoria il passato riscopriremo le tradizioni e le cerimonie di un tempo, dove si incontravano il sentimento religioso e le usanze proprie di un mondo contadino, ormai vittime della benedetta globalizzazione.
Tra i vari simboli della settimana santa troviamo la uova, che rappresentano la vita che rinasce, e al Venerdì Santo, nel menù domestico piuttosto povero erano comprese anche le uova sode, perché si diceva che proteggessero dalla caduta dagli alberi. In alcuni paesi le uova sode, preparate il venerdì Santo,, se mangiate a Pasqua, avrebbero preservato dal mal di stomaco.
Durante la Settimana Santa si preparava per i bambini un cestino fatto di pasta dolce, all’interno del quale si metteva un uovo sodo. Era il ‘cavagneu’ da l’euv’ (cestino dell’uovo’), da consumarsi in occasione della merenda del lunedì di Pasqua. Località molto frequentate per la merenda in campagna del lunedì di Pasqua erano Sant’Alosio, ai piedi delle gemine torri, o i prati e i boschi a Scrivia, per i Tortonesi.
Al giovedì Santo, come le campane, si legava anche un tralcio della vite per propiziarsi una vendemmia più abbondante, oppure si legava un ramo di un albero da frutto, perché – si diceva – la frutta ‘avrebbe legato’, mentre nell’orto dovevano essere seminate le cucurbitacee (zucche, zucchini…. ecc.)
Al Venerdì Santo il Sacerdote, secondo la vecchia liturgia, celebrava una messa detta ‘messa secca’ perché non veniva distribuita l’Eucarestia. Quindi nel tabernacolo non veniva più custodito il ‘Santissimo’. Per questo, circondato dai fiori, davanti all’altare dove era stato preparato il sepolcro veniva deposto e un crocifisso, per il bacio dei fedeli. In alcuni paesi doveva essere baciato a piedi scalzi.
Al Sabato Santo il sacerdote celebrava la ‘Messa del Gloria’: il canto del gloria coincideva con il mezzogiorno: in quel momento si slegavano le campane che squillavano festosamente a distesa per la messa della ‘Resurrezione’. In quel momento si dovevano bagnare gli occhi, per ‘asciugare’ le lacrime del dolore per la morte di Cristo. Perciò si andava alla ricerca dell’acqua: a questo scopo in cortile veniva preparato un mastello di acqua pura. Chi si trovava a lavorare in campagna cercava l’acqua corrente di un ruscello. Al pomeriggio il sacerdote iniziava la benedizione delle case e le famiglie come gesto di cortesia gli offrivano le uova. La settimana Santa coincideva per le donne di casa con i giorni delle grandi pulizie, una delle più importanti operazioni era il bucato fatto alla fontana pubblica o in un corso d’acqua, dove la cenere sostituiva l’attuale detersivo.
Con la pasqua terminava il periodo di digiuno e di astinenza e, sull’aria di un canto processionale, del Venerdì Santo si cantava. “Mai pü marlüss – mai pü spinàss – ma un bel risòt – int’ar breu ‘d grass. Mai pü spinàss – mai pü marlüss, ma un bel capou da dré da l’üss”.
Quindi in passato, come suggerito da un mondo allora prevalentemente contadino, si intrecciavano tradizioni gastronomiche, scadenze per la cura dell’orto. Ed un corredo di proverbi che preannunciavano l’andamento meteo
Un classico proverbio ricordava: “Carvà au ssu – Pasqua au tisson” (Carnevale al sole – Pasqua al tizzone, al freddo”). Un altro proverbio ricordava che se pioveva al Venerdì santo sarebbe piovuto maggio tutto quanto, o e non piove la Domenica delle Palme, pioverà a Pasqua.
La pioggia di Sabato Santo dice anno asciutto ma abbondante, quella di Pasqua scarsità di raccolti.


Testo pubblicato su Facebook da Armando Bergaglio

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