Lunedì 22 giugno, dinnanzi al Municipio di Tortona, si è svolta una commemorazione in ricordo dei cento anni dalla nascita del campione di ciclismo Luigi Malabrocca, nato in città il 22 giugno 1920.
Alla manifestazione, che ha inaugurato i due banner commemorativi allestiti all’ingresso del Comune e sulla torre di piazza Arzano, di fronte a Palazzo Guidobono, hanno partecipato il Sindaco Federico Chiodi, il Presidente del Consiglio comunale Giovanni Ferrari Cuniolo che presiede anche il Veloceclub Tortonese, il Sindaco di Castellania, paese natale di Fausto Coppi, Sergio Vallenzona, e una rappresentanza de “La Mitica ciclostorica”, in bici e tenuta d’epoca, fra cui il presidente Pietro Cordelli e Serena Malabrocca, nipote di Luigi.
Chi era Luigi Malabrocca
Cento anni fa nasceva a Tortona Luigi Malabrocca: il campione in Maglia Nera.
Ciclista professionista e gregario ha corso con i grandi dell’epoca, Coppi e Bartali, e, pur avendo “buone gambe”, fece la scelta di arrivare ultimo, divenendo famoso per la caparbietà che riponeva nella ricerca di espedienti e sotterfugi per ritardare il suo arrivo al traguardo, sempre al limite del tempo massimo.
Questa sua personale interpretazione della gara ciclistica (copiata successivamente da altri) ha creato il mito: da “Luisin” in poi l’ultimo è divenuto famoso come il vincitore. La sua notorietà all’epoca era tale che per lui fu istituita la “Maglia Nera”, che da quel momento è diventata sinonimo di ultimo ma non di perdente.
Malabrocca, detto anche “il cinese” per via degli occhi a mandorla, era un ragazzo sveglio ed un buon corridore: in carriera ha vinto 138 corse, di cui 15 da professionista tra cui: Parigi-Nantes 1947, Coppa Agostoni 1948, Giro di Croazia e Slovenia 1949. È stato due volte campione italiano di ciclocross (1951 e 1953). Quando, arrivando casualmente ultimo in una gara, scopre la possibilità di portare a casa tutti i regali (animali da cortile, olio, vino, alimentari in genere, mance in denaro e altro) che gli spettatori e gli sponsor, per solidarietà, gli offrono, comprende che la grande fatica – e a quel tempo era veramente tanta per via del fondo stradale, delle biciclette pesanti, dei campioni con i quali doveva battersi, etc. – per ottenere il premio di un traguardo volante poteva anche essere ulteriormente “gratificata” dall’ultimo posto in classifica. Lui, atleta gregario, a cui spesso la vittoria finale era negata per contratto, da quel momento profonde tutte le sue energie nel cercare fienili, pozzi, fossi e anche cantine dove nascondersi per arrivare ultimo, non venendo comunque mai meno ai suoi compiti di gregario e di sprinter.
Oggi, ai tempi in cui è d’obbligo essere “vincenti”, nella vita ancor più che nello sport, una figura come quella di “Luisin” ci induce ad una melanconica riflessione sul valore vero dello sport e ne fa un simpatico interprete del motto di De Coubertin: l’importante è partecipare, meglio se in modo davvero originale.
Tortona e il tortonese, terra d’origine di grandi campioni del ciclismo, ricorda con affetto e commozione questo antitetico mito nel centenario della sua nascita: ciclista di razza, campione di fatto, ultimo per scelta.