Avete mai sentito parlare di gabelle? Certamente si. Ebbene, oggi, passeggiando per Cabella Ligure mi sono imbattuto in una via dal nome inusuale: VIA DELLE GABELLE
Allora ho cercato un po’, giusto per avere qualche esempio esplicativo.
Per parlare di gabelle si riesce a tornare indietro fino al 1400 circa, quando si trova menzione circa le riscossioni dovute alle “gabelle” e quelle dell’ “erbatico”.
Le prime erano imposte, molto odiate, abusive ed onerose, con le quali venivano tassati scambi e consumi di merci. Nel diritto tributario francese ed italiano indicavano le imposte indirette su scambi e consumi, non a caso “gabella” vuol dire in latino “versamento”. Trae la sua origine dal diritto romano e, dopo essere stata abolita, venne riabilitata tra XII e XIII secolo.
L’”erbatico”, invece, rappresentava il diritto feudale di raccogliere l’erba nei fondi altrui essenzialmente facendovi pascolare il bestiame. Questa pratica comportava una tassa che i vassalli pagavano al barone per poter usufruire dei suoi pascoli. Poteva anche intendersi, però, un tributo da dare al comune in questione per l’usufrutto di uno spazio pubblicamente messo a disposizione.
Da wikipedia si legge che “Le vie del sale sono rotte commerciali storiche, ancestrali, la loro origine si perde nella notte dei tempi. In Abruzzo esse erano battute dai popoli Italici prima e dagli antichi romani poi.
Dopo la caduta dei Longobardi ad opera di Carlo Magno, il Sacro Romano Impero costituì i feudi imperiali con lo scopo di mantenere un passaggio sicuro verso il mare; assegnò questi territori a famiglie fedeli che dominarono per secoli questi feudi, controllando le vallate e garantendo, in cambio di gabelle, la sicurezza dei convogli”.
Infine, sul sito della TRECCANI ecco una valida spiegazione:
gabèlla s. f. [dal lat. mediev. gabella, che è dall’arabo qabāla «garanzia, cauzione, contratto»]. – 1. Termine usato fin dal medioevo per indicare varie forme di contribuzione, imposte dirette o indirette, tasse, o anche aggregati di più tributi, ristrettosi col tempo a designare la sola imposta o dazio di consumo: g. del grano, della macinatura, del pane, del vino; g. dell’entrata, dell’uscita; g. dei pesi e delle misure; g. del ripatico, ecc.; imporre una g.; pagare, riscuotere la g.; un ricco fiorentino … per frodare una g. di meno di sei denari, ne pagò, con danno e con vergogna, maggior quantità (Sacchetti); fig., fare il tonto (o il gonzo, il minchione e sim.) per non pagar gabella, fingere ignoranza di qualche cosa per evitare noie o punizioni. Anche l’ufficio che amministrava la gabella, il luogo dove risiedeva, e il luogo dove si pagavano le gabelle; g. del sale, il magazzino dove si vendeva il sale. Contratto di gabella, contratto agrario in uso nell’Italia merid. fino al 1964 per la raccolta delle olive. 2. Moneta d’argento della zecca di Bologna del valore di 26 quattrini che si cominciò a coniare nel sec. 16° durante il pontificato di Giulio III, così chiamata perché probabilmente corrispondeva all’ammontare di una gabella allora stabilita.
Nella storia di Rocchetta Ligure si dice che: “Oltre al sale, la merce di grande transito più pregiata perché soggetta alle gabelle più alte, si trasportano derrate agricole, come olio, riso, grano, pollame, insieme a tessuti, sapone e materiali da forgia; si esporta merce locale come castagne, nocciole, pelli da concia, legna, carbone e come si legge in antichi carteggi il vino Timorasso, fagiolane, funghi, patate quarantine, formaggi come il Montebore e la Mollana, mele carle: prodotti coltivati in valle ancora oggi”.