E’ nel cuore della Roma antica lungo una piccola strada che da Largo Argentina porta a Piazza Vidoni incastonata, come una preziosa perla del barocco capitolino, tra S. Andrea della Valle e S. Biagio e Carlo ai Catinari. La Chiesa del SS. Sudario fu voluta a Roma dalla comunità dei sudditi piemontesi. Lasciatevi ora condurre nella lettura dalle parole di Benedetta de Vito.

Dalle parti dell’Argentina, intendo di Piazza Argentina a Roma, lì dove, ai tempi di Giulio Cesare, sorgeva il foro di Pompeo, che vide la morte ingloriosa del grandissimo generale e autore del De bello gallico, ucciso da suo figlio adottivo, c’è un angolino riposto di Piemonte che, riaperte le Regioni, potrete visitare, ritrovando d’un balzo, la Mole Antonelliana tra il Vittoriano e il Cupolone. Per trovarlo, lasciatevi sulla sinistra il Teatro Argentina, dedicato alle Muse, alle spalle le rovine con i loro silenziosi abitanti, i gatti romei, e, come ritornati un bel po’ indietro nel tempo, mettiamo nel Seicento, addentratevi in una viuzza stretta, buia, tutta quanta dal cuore romano, che porta il sacro nome di Via del Sudario.

E perché mai si intitola così questa stradetta, vi chiederete? Nel mondo moderno, si mettono alle vie nomi neutri, presi a casaccio nel mazzo: Piazza Mazzini, dove Mazzini non ha mai abitato, viale Libia, dove l’Africa è lontana come la luna, via Tagliamento lì dove al massimo, e ben lontano , scorre il Tevere. Non così per gli antichi, i quali chiamavo le vie con i nomi delle cose che erano lì, che lì respiravano nella verità.

E il sudario, infatti, c’è, poco più avanti: una copia esatta della Sindone torinese in una piccola chiesa, chiamata, appunto, Chiesa del Santissimo Sudario dei Piemontesi. Essa, timida, riposta, è a pochi passi dalla grandiosa chiesa (che si vede di sguincio) di Sant’Andrea della Valle dove potrete andare a trovare i Santi Arcangeli. Soprattutto, qui, il caro San Gabriele, che in atto di devozione, davanti all’Altissimo, accoglie l’ordine supremo di annunziar la Vergine…

Il Padreterno si trova anche nella piccola chiesa savoiarda. Appena entrati, sollevate gli occhi in alto dove, con la sua barba bianca, dolce nel sorriso paterno, c’è proprio Lui che da lassù, affacciato sul sudario tenuto alle cocche da due angioli, bianco nel marmo candido, sorride a noi che siamo nella prova.

Sedete, ve ne prego, nei bei banchi di legno, accoglienti e dotati di inginocchiatoio (quasi una rarità di questi tempi) per qualche breve cenno di storia e di arte. Sull’altare maggiore, sotto al sudario, c’è un bel dipinto seicentesco di Antonio Gherardi, pittore reatino (ho tanto ammirato il suo San Leonardo!) che rappresenta “La Pietà”. A realizzar la Sindone (e forse anche altre copie della sacra reliquia) fu la Venerabile Maria Francesca Apollonia di Savoia, terziaria francescana, che la donò a Clemente VIII. Che strano, per noi romani, papalini, i Savoia sono quelli della breccia di Porta Pia, gli assalitori. Invece, la famiglia conta molti religiosi e un Santo, tanti beati e venerabili…

La volta è affrescata da Cesare Maccari, pittore di epoca umbertina, al quale la famiglia Savoia commissionò il lavoro rendendolo famosissimo. Quando Casa Savoia fu Famiglia Reale italiana, questa piccola chiesa diventò parte della “Casa” del Re e sede ufficiale del Cappellano maggiore palatino. E’ qui, e non nelle cappelle del Quirinale (dove la Famiglia Reale abitava) che si celebravano tutti i riti sacri di Casa Savoia. Fino alla caduta della Monarchia.

La Chiesa ora, insieme a Santa Caterina a Magnanapoli, è affidata all’Ordinariato militare e la cura delle due chiese è affidata alle dolcissime suore americane dell’Ordine delle Serve dei Cuori trafitti di Gesù e Maria che io ho il piacere e la grazia di conoscere e apprezzare.

di Benedetta de Vito

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.