Siamo oggi al 1° di novembre che è un giorno festivo in Italia. Si celebra la festa cristiana di Ognissanti, anche conosciuta come "Tutti i santi", festività religiosa, ma anche civile. Infatti, il 1° di novembre è un giorno festivo, ovvero un giorno di lavoro retribuito, durante il quale i lavoratori hanno diritto a riposare, pur percependo la loro paga o retribuzione.
A guardar la storia, le prime tracce di questa ricorrenza cristiana si hanno già durante il IV secolo d.C., sebbene all’epoca la ricorrenza cadesse in primavera e non nel tardo autunno come avviene oggi. La festa di Tutti i Santi, esattamente come il nome suggerisce, commemora tutti i santi della storia della cristianità. Infatti, nel calendario civile italiano, ogni giorno è dedicato ad un santo o a un martire, ma, in realtà, i santi della cristianità sono molti di più di 365 e per questo motivo, non tutti possono trovare spazio nel calendario.
Fu papa Gregorio IV, nell’835 d.C., a richiedere espressamente all’allora re franco Luigi il Pio di ufficializzare questa celebrazione come festa di precetto e fissare la sua data il 1° di novembre di ogni anno. Cosa che effettivamente accadde ed è rimasta tuttora invariata, nonostante siano trascorsi più di mille anni.
La festa di Tutti i Santi è particolarmente sentita nel nostro paese. In tutto il territorio sono presenti celebrazioni e tradizioni che risalgono anche al Medioevo. Molte di queste sono di natura espressamente culinaria, con mostre dei prodotti di stagione e soprattutto dei dolci tipici della festa di Ognissanti.
Lascio ora la prosa scritta ed il racconto a Benedetta de Vito per un suo gradito racconto
Tornavo correndo a perdifiato da scuola. Sfilata la cartella dalle spalle, afferrato un boccone di rosetta, correvo a trovar mia nonna, Lisetta, nella stanza azzurra, affacciata sul giardino segreto di mia madre con il suo mantello di ireos gialli e violetti. Seduta sul lettone, dove lei anche sedeva con le gambe già gonfie della sua età veneranda, le chiedevo, implorante quasi, una storia. E lei, con un sorriso, tirava fuori un libro dalla copertina cartonata intitolato con semplicità “I santi” e cominciava a leggere. Chiudendo gli occhi, appena bambina io pure, vedevo il martire Tarcisio, giovinetto romano, biondo e puro, morire sotto i colpi dei bulli, stringendo al petto la Santa Particola, Gesù Sacramentato, che quegli altri volevano calpestar sotto i piedi. Volavo in alto, ammirando Tarcisio per il suo mite coraggio. “A tavola!”, il richiamo della Mimma mi riportava, patapunfete, a terra. Ed era ora del pasto e tutti i fratelli intorno alla tavola e anche la Nonna che, per arrivare in sala, usava un bastone nero che le regalava una gamba magra in più. Di Tarcisio nessuno parlava, ma tutti mangiavano gli spaghetti al sugo, la fettina, l’insalata. Tarcisio era il segreto mio e della nonna che rimaneva nella stanza fatata al pianterreno dove, lei e io, vivevamo la vera vita…
Ecco come i Santi sono entrati, quando ero piccolina, nella mia vita e, da allora, non mi hanno mai lasciata. Essi, “sanciti” (ecco perché Sancti…) nell’Eterna Legge di Dio vivono e sono parte integrante – sostanza, balsamo, viatico – del Corpo Mistico della Santa Chiesa. Nel recitare il Credo, dopo il Vangelo e l’Omelia domenicali, noi, riferendoci al Padre Altissimo, diciamo che ha creato “tutte le cose visibili e invisibili”. Invisibile, ma verissima, è dunque la Comunione dei Santi che, in gloria lassù, assiste, intercedendo per lei, la Chiesa pellegrina quaggiù, immersa tra i marosi e le procelle del mondo. Così noi, nel giorno di Ognissanti, oggi, festeggiamo gli uomini e le donne che, in amore puro, fermo, definitivo, per la Legge del Signore e della Santissima Trinità, hanno seguito la Croce fino all’effusione, se necessario, del sangue. Non “logori santini”, come vogliono farci credere, ma eroi, persone di carne e di sangue, pronte a donare la vita, spesso, pur di difendere Cristo, Via, Verità e Vita.
Io, lo ricordo come una fotografia, volevo, da bimba, imitar Tarcisio, esser come lui per la vita intera. Non fu così. Gli anni passarono e il mondo, con le sue lusinghe, mi portò a percorrere vicoli e stradine secondarie, Cercai in lungo e in largo, senza sapere perché. Fui scrittrice per capire i moti del cuore, giornalista per cogliere il seme delle cose. E mi persi lungo il cammino. Poi, un giorno, circa dodici anni orsono (ma non ricordo quando, pur ricordando perfettamente che cosa avvenne), la Beata Elisabetta Canori Mora entrò nella mia vita, entrando dal portone di casa mia… Ho raccontato di lei nel mio piccolo libro “C’ero una volta”, uscito per i tipi delle edizioni Oltre, nell’ormai lontanissimo 2019. Dopo Elisabetta, mia sorella d’anima, è arrivata Santa Caterina da Siena e poi Santa Marcella, Santa Emerenziana, San Filippo Neri, e altri e altre ancora in rapida successione. Ognuno portando nel mio cuore il suo prezioso tesoro. E di loro scrivo, delle loro vite segrete, nascoste al mondo, ma legate a corda doppia, da corona di Rosario, al Signore…
Prima di lasciarvi, venite con me nella stupenda chiesa dei Santissimi Quattro Coronati a Roma, monastero agostiniano, che, a immagine di castello medievale, sembra vivere nella Città dei Cesari in un altro tempo e in un altrove mistico. Entrate in punta di piedi con me nella stupenda Basilica ed ecco splendere in oro zecchino l’affresco che ritrae, in allegro circolo e festante devozione l’immagine santissima della Chiesa celeste. In alto, altissimo il Padreterno, con Gesù alla sua destra e, in potenza di mano, la Colomba dello Spirito Santo, un gradino di nubi più sotto la Corredentrice, Maria Santissima, e San Giovanni Battista, il precursore. Poi, sotto gli angeli che cantano la gloria di Dio, ci sono i tanti, tantissimi Santi, ognuno con il simbolo suo, il Vangelo, il giglio, o con i segni visibili del martirio. E tutti hanno la gioia negli occhi e la pace nel cuore. E ora, avanti, a testa rovesciata, provate, se vi va, a riconoscerne alcuni. Non è facile, vi avverto, ma servirà a condurre il cuore lì dove loro abitano per sempre.
Buona festa di Ognissanti!