L’introduzione diceva che l’argomento chiave sarebbe stato incentrato sui borghi abbandonati dell’Alta Val Borbera, nello specifico un po’ tutti i borghi, in particolare quelli dell’Appennino, aiutando il pubblico a scoprire le cause che hanno portato all’occupazione di certe aree e poi, dopo molto tempo, un improvviso abbandono.

Ho partecipato, per dire che ho assistito, in quel di Isola del Cantone, presso il Museo Archeologico Alta Valle Scrivia, ad una conferenza a cura di Irene Zembo e Sergio Pedemonte. Il titolo: I BORGHI ABBANDONATI DELL'ALTA VAL BORBERA – CAUSE STORICHE E GEOLOGICHE DELL'INSEDIAMENTO E DELL'ABBANDONO. L'incontro è stato molto partecipato e decisamente interessante. Voglio qui di seguito riportare qualche spunto.
Irene Zembo, laureata in scienze geologiche, con un dottorato in scienze della terra, esperta in geologia sedimentaria della stratigrafia, educatrice ambientale, ma anche guida escursionistica.
Irene Zembo
Sergio Pedemonte, laureato in Scienze Geologiche all'Università di Genova. Appassionato di Storia Locale della Valle Scrivia e dell'Oltregiogo Genovese. E' stato Project Manager nella costruzione di linee ferroviarie. Presidente di una società di ingegneria è attualmente in pensione
Sergio Pedemonte

Stupiti gli organizzatori per l’afflusso numeroso tanto da dover chiudere le prenotazioni. La presentazione nasce da una precedente versione on-line realizzata per Legambiente della Val Lemme. La finalità di questo progetto essenzialmente è capire qual è lo stato dell’arte, delle conoscenze in merito a quelle che sono le cause storiche e geologiche dell’insediamento e dell’abbandono di quelli che vengono definiti i “paesi fantasma”, quelli abbandonati, che sono numerosi su tutto l’arco appenninico.

E’ quindi fondamentale puntare su una ricostruzione storica da affiancare a quella geologica.

L’idea nasce da un corso gestito da ISPRA che cercava di far emergere la presenza di numerosi paesi abbandonati lungo l’Appennino. Un po’ tutte le frazioni montane risultano essere abbandonate perché abitate essenzialmente da villeggianti d’estate ma durante l’inverno arrivano sì e no fino a 10 persone. Questi paesi costituiscono una risorsa culturale preziosa, contengono strutture urbanistiche di pregio ma costituiscono dei fattori ambientali importanti.

ISPRA ha attivato un censimento di tutti i paesi fantasma di tutto l’Appennino proprio per cercare di valutare il ruolo che la pericolosità geologico-idraulica ha svolto nell’abbandono di questi luoghi. Occorre capire come sia possibile resistere, cioè a tenere vivi questi luoghi, che sono una testimonianza importante e quali siano le modalità per fare in modo che l’Appennino venga riabitato e rinasca.

La Val Borbera di fatto è entroterra ligure, lo dicono i toponimi, lo dice la storia, lo dice la parte dei feudi imperiali, però di fatto dal punto di vista provinciale l’appartenenza è piemontese.

I “paesi fantasma”: Rivarossa; Avi; Camere Nuove; Casoni, Ferrazza, Reneuzi (costituiscono i villaggi di pietra legati ad una storia di omicidio-suicidio abbastanza straziante); Chiapparo; Casoni dei Risciotti che era un essiccatoio, una raccolta delle castagne e Connio Vecchio.

In questo territorio i limiti orografici della Valle si trovano a contatto con quattro provincie: Alessandria, Genova, Pavia e Piacenza. E’ un territorio caratterizzato da un reportorio musicale comune. Qui siamo nel cuore della catena appenninica settentrionale ancora attiva, in sollevamento. Lo dimostra l’attività sismica recente non solo locale, ma in tutto il settore piemontese.

Il numeroso pubblico

Fino al 1600 circa Rocchetta Ligure era dall’altra parte del Sisola e una frana di crollo (quella che non ti dà avviso) l’ha distrutta completamente, tanto da farla ricostruire sull’altra sponda. Nel 977 Albera Ligure fu danneggiata da una frana. Il monastero di Vendersi fu distrutto oltre che da una frana anche dai saraceni. La chiesa pievana di Caranza in cui sopra Mongiardino verso Costa Salata. Il castello di Pallavicino distrutto da una frana nel 1562, e così via. Si parla di un elenco formato da 60 casi.

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