Non è la notizia di un giorno, ma un problema che si accentua di giorno in giorno. Per la stagione che siamo, le pioggie autunnali sono davvero distanti, quelle primaverili non si sono viste.
Duecentocinquanta. È questo il numero delle ordinanze emesse dai Comuni piemontesi. Mentre già questa sera il Consiglio dei Ministri analizzerà la richiesta del Piemonte di elevare la criticità portata dalla siccità a rossa, le brevi piogge di oggi, mercoledì 21 giugno, non hanno purtroppo portato sollievo ad una situazione che continua a crescere nella sua drammaticità, colpendo in particolare la Pianura Padana e costringendo di fatto 250 Comuni ad emanare ordinanze relative all’emergenza idrica per un uso responsabile dell’acqua. Sono 83 nelle province di Novara e VCO, 9 in quelle di Biella e Vercelli, 93 in provincia di Torino, 9 nel Cuneese e 58 in provincia di Alessandria, mentre non risultano al momento ordinanze sul territorio astigiano.
Dalla ricognizione effettuata dalla Regione i concessionari dei bacini idroelettrici hanno dato la propria disponibilità a rilasciare per l’agricoltura circa 2,5 milioni di metri cubi d’acqua al giorno, come quota massima che consente di non intaccare i contratti delle forniture di energia in essere, avendo loro stessi al momento solo il 50% in media delle normali riserve. Nel pomeriggio intanto si è svolto a Roma l’incontro tra la Conferenza delle Regioni e il capo dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio per affrontare il tema dell’emergenza idrica dopo la richiesta dello stato di emergenza per siccità, avanzata dal Piemonte per prima in Italia e seguita da tutte le regioni del Nord.
La necessità più immediata è la possibilità per la Regione di decidere come utilizzare i bacini idrici, il Lago Maggiore e il Lago di Garda. Bacini che sono dei concessionari, ma che la dichiarazione dello Stato di Emergenza e una figura commissariale che ragiona in termini nazionali possono sbloccare per dare acqua alle nostre coltivazioni e agli allevamenti. Fermo restando che la priorità va all’uso idropotabile per l’uso umano, spiegano infatti il presidente e gli assessori, è altrettanto vero che è importante considerare che certi territori, specie a cavallo tra Piemonte e Lombardia, hanno una particolare specificità agricola e colturale e la gestione delle risorse in maniera oculata per 10-15 giorni può consentire di mitigare il danno e consentire almeno il primo raccolto.
Il percorso dello stato di emergenza deve, perciò, essere affiancato da quello relativo alla richiesta dello stato di calamità per l’agricoltura e dovrà contenere le misure di ristoro per le spese sostenute dai Comuni e per quegli interventi in grado di mitigare il fenomeno, fino ai danni dovuti all’uso di autobotti, ma anche per gli interventi infrastrutturali da realizzare rapidamente e che hanno un’efficacia quasi immediata. Il problema riguarda poi le colture come il riso dal momento che è idrodipendente e rappresenta la quasi totalità della produzione nazionale.
Testo e informazioni tratte da torino.corriere.it