Pochi giorni fa era San Francesco ed – a tal proposito – ecco un racconto scritto da Benedetta de Vito
Ho un fratello che vive, con la sua famiglia, all’estero e per lui, ogni tanto, mi trovo in viaggio di qua e di là per la mia dolce Roma a far commissioni, a ritirar raccomandate ad aspettare operai e tecnici. E qualche giorno fa, per una di queste incombenze famigliari, eccomi, traversato il Tevere all’altezza di Via Arenula, in marcia per il viale di Trastevere diretta alle Poste.
Cammino a piede svelto nel mattino in germoglio e il sole mi saluta da lassù e io mi inchino davanti a frate sole. Passo a mano manca la casa di Dante e, sulla destra, la stupenda basilica di San Crisogono dove riposa la mia amica cara Anna Maria Taigi e dove, qualche anno orsono, ho visitato il piccolo suo museo. Ricordo la mia gioia nel vedere appesi in una teca gli abiti che lei portava e la immaginavo, come me, a sfaccendar per casa in qualità di moglie e mamma.
Ma avanti, un passo via l’altro e mentre conto i numeri civici, per veder se l’ufficio postale s’avvicina, voltando il capo sulla sinistra, come chiamata da lungi, vedo una chiesa color arancia d’ottobre e tanto bella e campagnola mi pare, quasi una visione, che mi ripropongo, giunta alla meta, di visitarla tornando sui miei passi e verso casa.
Detto fatto e prima di seguitar nella cronaca del portento che ho abitato per grazia del Creatore, apro una parentesi quadra per raccontar di me e di come, pur immersa nella vita di molti Santi e Beati, Francesco, il poverello d’Assisi, mi era sempre rimasto alla lontana. Mi dicevo che era stato travisato, che tutti e troppi lo amano e simili superberie di cui mi vergogno. Il fatto è che, qualche giorno prima, in una libreria antiquaria, avevo trovato la biografia di San Francesco scritta da San Bonaventura e, pagato nulla (perché a nessuno era mai interessata) me la sono portata a casa e subito immersa nella lettura e nella meraviglia. Oh non sapevo che aveva tramutato l’acqua in vino! Così pian pianino San Francesco aveva preso ad abitar le mie giornate. E ancora prima, in luglio, avevo scoperto, in cima al Palatino proprio la Chiesa di San Bonaventura! Tutto questo mettiamolo in uno zainetto snello e torniamo sui miei passi trasteverini e giù dabbasso.
Quale sorpresa mi rapì il cuore nello scoprire che la chiesa che m’aveva fatto cenno da laggiù altro non era che San Francesco a Ripa, dove San Francesco ha abitato e dove mangiava i dolcini di “Frate” Jacopa Settesoli! Infatti sono proprio su una viuzza intitolata alla nobildonna romana che dorme il sonno dei giusti ad Assisi! Entro nella chiesa e m’inginocchio davanti all’altare dove trovo il Poverello nel miracolo e stigmatizzato. Ai lati del bel dipinto, due dame, una con il cuore incendiato dall’amore del Santo e l’altra con la Santa Croce che lo innamorò. Cammino tra i capolavori: l’estasi della Beata Ludovica Albertoni (della quale desidero scrivere e lo farò!), capolavoro del Bernini (e poco conosciuto ahimé), un bel quadro che rappresenta San Michele Arcangelo e c’è Santa Rita e anche Sant’Antonio!
Il cuore si scalda nell’amore dell’intorno che mi commuove. Sto per uscire ma vedo qualcuno e il cuore mi dice che è un frate e lo saluto: “Padre, che chiesa stupenda, non ci ero mai stata!”. E lui, che in effetti è il parroco e frate francescano, mi risponde: “Aspetta, aspetta qui, che ancora non hai visto niente…”.
Ed era vero! Lo seguo in sacrestia e passiamo davanti a un bel Crocifisso ligneo. Lui: “Sotto questo Gesù in croce pregava la beata Ludovica!”. Avanti. Si ferma davanti a una teca vetrata e, mostrandomi due porta reliquie dai ricami d’oro, mi dice: “In questa c’è un pezzo del cilicio del Santo, l’altra contiene le bende insanguinate delle sue stimmate”. Saliamo su e io sempre più in alto e forse già in paradiso.
Siamo ora in una cappella dove ci danno il benvenuto Francesco, Sant’Antonio e San Lodovico (il nome di mio padre!) e ci fermiamo a pregare un poco. Lui e io, davanti a loro e poi anche di fronte alla Vergine Annunziata, nel gesto umile dell’Arcangelo che, con il dito alzato, pare quasi chiedere scusa a Lei che legge nel Libro della Parola… Il frate, poi, Vittorio di nome, mi dice: “Guarda adesso!”. Oh meraviglia, un marchingegno gira le come delle ventole e i pannelli al rovescio contengono una miriade di reliquie e ognuna ha su il cartiglio del suo Santo. “Un dono del Granduca di Toscana!”, esplode il frate.
E’ ora di andar via, ma la gita non è finita perché fra Vittorio mi conduce al Convento loro e dentro c’è un giardino tanto bellino, fresco e verde e c’è un casale di campagna che mi pare quasi di essere tornata bimba e nelle lande friulane dove abitava la mia cara nonna Lisetta e anche io ei lunghi settembri di masi e d’uva! Ancora e ancora: ecco il melangolo del Santo e in fondo lì, lungo il corridoio, c’è un crocifisso e sotto una Madonnina senza velo e vestita di rosso.
Mi avvicino. Sul viso dolce e composto di lei scorre una piccola lacrima. La stessa che bagna il mio cuore in gioia per tanta bellezza! Ecco dove mi ha portato una raccomandata…