Il 1 novembre si celebra la festa di Ognissanti, seguita dalla commemorazione dei defunti il giorno successivo. Pensate, fu papa Gregorio IV, nel 835, a fissare al 1° novembre la festa di tutti i Santi.

Nelle città e ormai anche nei paesi, oggi è difficile ritrovare quelle usanze antiche – dei nostri nonni – che accompagnavano le serate dei Santi e dei morti.

C’erano le castagne per i defunti, con la recita del Rosario, si pregava “Requiem eterna” per i nostri morti, nelle case con le famiglie riunite. E’ passata un’eternità!

Sul fuoco del camino o sulla stufa c’era il pentolone delle castagne che si gustavano dopo la preghiera. Far cuocere le castagne nei giorni dei Santi e dei morti era proprio una devozione antica, come l’usanza di lasciare sul tavolo della cucina una ciotola ripiena.

Un’altra tradizione era cucinare i ceci. Questa usanza deriva dal Medioevo, quando si pensava che il 2 novembre i morti facessero ritorno sulla terra.
Il viaggio verso il mondo dei vivi era lungo e faticoso, per questo si preparavano grosse pentole di ceci e i propri defunti potevano così trovare ristoro. Una volta rifocillati, i defunti potevano far ritorno all’aldilà.

Con il tempo fu mantenuta la tradizione della zuppa di ceci per il Giorno dei Morti, ma nelle varie regioni si aggiunsero ingredienti diversi.

I primi due giorni di novembre sono anche i giorni delle visite ai cimiteri; sono le ore della preghiera, dei fiori, dei lumi, dei ricordi, delle processioni.

Ognuno di noi vive il rapporto coi defunti nel suo intimo, nei suoi ricordi, nella preghiera. Per alcuni, forse tanti, con la morte terrena dei propri cari si spezza ogni legame. E così si perde la cura perfino delle tombe.

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