A Novi Ligure, dal 24 al 26 novembre si rinnova il tradizionale appuntamento con la Fiera di Santa Caterina che quest’anno festeggia la 415esima edizione.
Saranno circa 300 le bancarelle che animeranno le principali vie del centro storico: viale Saffi, via Garibaldi (nel tratto fra via Baiardi e lo stesso viale Saffi), via Cavallotti (tra viale Saffi e via Baiardi), corso Marenco, via Girardengo, via Marconi e via Roma.
Tradizione rispettata anche per il una park, già allestito in piazza Pernigotti, che rimarrà aperto fino a domenica 26 novembre.
Sabato 25 novembre, in piazza Pascoli, oltre al battesimo della sella a cura della scuderia “I tre ponti” A.S.D., è prevista un’esposizione di trattori d’epoca.
Sempre sabato 25 è in programma la giornata degli hobbisti, circa 40 espositori che animeranno uno spazio a loro dedicato all’interno del Circolo Ilva in corso Piave 2 (orario 10-17).
Infine domenica 26 il salotto delle auto in corso Marenco, a cura del consorzio “Il Cuore di Novi”.
Guardiamo un po’ la storia, per capire la tradizione nel tempo.
Le vicende delle fiere a Novi si perdono nella nebbia del Medioevo. Risale infatti al 22 settembre 1388 l’assenso del Duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti, sotto il cui dominio si trovava allora la nostra comunità, per l’istituzione di un mercato, che, in base alle sue prescrizioni, doveva essere aperto non più di una volta alla settimana nel luogo detto “Zerbo”, una contrada delle più antiche, corrispondente alla località dove si apriva l’omonima porta, detta anche di “S. Pietro”, per la vicinanza a questa Chiesa. Guarda caso, proprio dove oggi si svolge il mercato settimanale del giovedì.
Nel 1529 Novi, liberata dalla tirannia dei Fregoso, s’era legata definitivamente alla Repubblica di Genova ed occorreva pertanto uniformarsi agli Statuti della Superba. Il 14 luglio 1586, la disposizione del 1388 viene sostituita da un nuovo provvedimento, che tra l’altro, per incoraggiare l’afflusso dei forestieri e dei pellegrini, introduce l’uso di un salvacondotto, il cui possesso prevede l’immunità sui reati riguardanti debiti per la durata di un mese.
Da quel tempo Novi, situata sulle strade che collegano Genova alla pianura Padana, gode di una operosa tranquillità e di un sempre crescente benessere, dovuto soprattutto al commercio di stoffe, tessuti e sete. Ricordiamo che Paolo da Novi, prima di essere eletto dal popolo genovese suo Doge e di lasciare per volere francese la testa sul ceppo 18 giorni dopo, aveva esercitato in Portoria il mestiere di tintore di seta, trasmessogli a Novi dal padre.
Genova è sempre una potenza marinara, per cui anche se le sue colonie in Oriente hanno perduto la loro importanza politica, esse si sono venute trasformando in colossali imprese commerciali. D’altra parte una vasta rete d’affari si era stabilita tra Genova ed i più importanti centri europei, e Novi era il suo primo importante abitato al di là dei Giovi, al confine della Repubblica e ai margini di una ubertosa pianura.
Le merci che l’Oriente poteva fornire, principalmente spezie, tessuti preziosi, tappeti, ecc., venivano assorbiti da mezza Europa – all’altra metà provvedeva Venezia – ma per ciò che costituiva genere di prima necessità e oggetto di consumo ordinario, Genova doveva dipendere dall’entroterra e soprattutto dalla Lombardia, per cui, prima che le nevi chiudessero i passi sul giogo, doveva pensare a portarsi a casa le provviste per la stagione invernale.
Intanto il 2 agosto 1607 i Rettori della Comunità di Novi, con a capo il Sindico Orazio Cavanna, indirizzano una petizione al Serenissimo Senato della Repubblica Genovese per ottenere l’istituzione di tre fiere annuali, suggerendo di tener conto delle seguenti festività stagionali: S.Giorgio il 23 aprile, l’Assunzione della Madonna il 15 agosto, e S.Caterina, il 25 novembre.
Non veniva chiesto né qualcosa di nuovo, né di particolare. Infatti, con un uso generalizzato in tutto il territorio dell’Oltregiogo, erano sorte nel corso dei secoli, dal XII al XVI, almeno tre fiere annuali, sia pure con date diverse per le varie località. Si aveva così una fiera di primavera, generalmente fissata in un giorno di aprile, la quale consentiva di ripristinare le scorte che l’inverno precedente aveva esaurito o ridotte, una fiera d’estate, in luglio o in agosto, per poter commerciare soprattutto il grano, ed infine quella d’autunno, fissata di regola dopo la vendemmia, per la compravendita delle uve.
Erano richieste inoltre la franchigia per i dazi ed il salvacondotto per merci e persone, di una durata di almeno otto giorni per ogni fiera.
Il Senato genovese accoglie la richiesta in data 29 agosto 1607, con un decreto, che viene reso noto ai cittadini novesi, accorsi in piazza della Collegiata, dall’araldo comunale ”de verbo ad verbum”, cioè con gli opportuni chiarimenti circa le modalità ed i diritti prescritti. Oltre alla Fiera di S. Caterina, il 25 novembre, vengono concesse altre due fiere: di S. Giorgio. il 23 aprile e l’altra di S. Bartolomeo, il 24 agosto. Benché l’allestimento di tre fiere annuali, dimostri l’intensa attività commerciale, quella di S. Caterina finirà poi col prevalere, malgrado la stagione fosse sovente poco favorevole, perché sulle altre si sovrapposero le cosiddette Fiere di Cambio.