Siamo praticamente giunti alla festività del Santo Natale ed io mi sono preso la briga di chiamare in causa Benedetta de Vito, che con tanta gentilezza non mi nega mai un suo scritto, per un intervento da pubblicare su Storie di Territori. Vi consiglio di leggerlo e vi auguro BUONA LETTURA!
Al ginnasio avevo un libro di morfologia e sintassi latina che si chiamava “Ad altiora”. Ad Altiora squillava il titolo in neretto, indicandomi, a punta di freccia, il cammino. Verso le altezze, più in alto, diceva quella pagina bianca a righe rosse, con su scritto, in carminio, il nome dell’autore, Vittorio Tantucci, nato nel 1915 e già lassù, che ringrazio con una riverenza e un bacio. Io, sulle pagine di quel suo splendido libro imparavo la perifrastica attiva e passiva, il gerundivo, l’ut col congiuntivo, ma soprattutto mi esercitavo a guardare in su, tagliavo i legacci e salivo, salivo. E questo ho insegnato ai ragazzi che con me hanno studiato e che qui ricordo con tanto affetto: Aurelia, Lucio, Leonardo, Lodovico e molti altri.
Ma non Giulietta, sei anni, che un giorno mi disse, ridente: “Zia, io il latino lo so già: habemus Papam!”. Avanti, con un sorriso, nel ricordo di Tantucci che scrisse il manuale, mi pare, a 29 anni e si guadagnò, alla memoria, due splendenti medaglie d’oro!
Ad altiora, mi dico e vi dico, anche adesso che tenendosi per mano, uno in fila all’altro, scorrono i pochissimi giorni che ci separano dal Santo Natale. Ad altiora, ripeto, mentre tutto intorno s’accende un natale con la “enne” minuscola, tutto quanto materiale, terragno, spento pur pieno di luci finte e di false risate col nasone da renna come appare.
Non è questo il senso del Natale.
Nel silenzio, sotto le stelle che brillano alte lassù, occorre sollevare lo sguardo in alto, ad altiora, e ritrovare nel cuore il lumino che s’accende di speranza con l’arrivo del santo Bambinello. Per quanto peccatori, fragili, in tentazione continua, Lui, il piccolo-gigantesco Signore del cuore non ci abbandona, non ci lascia mai, e rinasce ogni anno, nella notte santa, bello come un piccolo sole, e con Lui rinasce la Vita.
Ad altiora, dunque. E vi auguro quindi non tanto un Natale di stelle filanti, di pacchettini color rosso fiamma, in tripudio di panettoni e torrone. Non tanto pranzi e cene con i parenti buoni o cattivi (che pure sono cose gradite) ma, io vi auguro di avere, nella notte Santa, un quadratino di cielo dove specchiare la vostra anima, un angolo di firmamento tutto per voi, dove ritrovare la gioia di essere tralci verdi, nella bellezza della vite (che è Vita) potente.
Vi auguro uno spicchio di gioia lucente, amorevole, fatto di acqua pura e di vita vera, un abbraccio divino che da lassù vi faccia sentire caldi dentro e sereni per cominciare un nuovo anno in rinnovata speranza e che possiate capire, nel profondo, che cosa vuol dire fare la Sua volontà (che è in realtà il nostro bene).
E prima di chiudere qui questo mio breve pensiero per tutti voi, vi rivelo un segreto. Io, al mattino presto, quando la casa ancora dorme in pigiama nel sonno giusto, entro in punta di piedi nella piccola sala dove ho allestito il mio presepe. Accendo una candelina e resto lì a guardar la fiammella che palpita davanti al Mistero. Il grande Mistero rivive nella mia casa piccina e, pur tenendo lo sguardo alla terra, in realtà esso spazia in alto, ad altriora. Solo allora metto in sottofondo “Quando nascette Ninno” che è la versione vera, in napoletano, di “Tu scendi dalle stelle” del grandissimo Sant’Alfonso de’ Liguori, che amo tanto.
Buon Natale!