Benedetta de Vito racconta di una gita in Sardegna, a Berchidda. Vale la pena di leggerla e farsi accompagnare nel suo viaggio

S’arriva a Berchidda abbrustoliti dal sole sardo, gli occhi nel mare blu, i piedi caldi di sabbia ed è bello vedere il verde tutto attorno, le vacche al pascolo, il ricamo del monte Limbara disegnato sull’orizzonte, il via vai nella cantina sociale; è bello respirare la quiete della campagna. S’arriva e il bel paesino sardo, imbandierato già per la festa del Patrono, San Sebastiano, è una scoperta nella bella chiesa romanica, (che è come cappella della chiesa parrocchiale) dove, solitaria, seduta in un canto, dorme la campana che certo molto ha cantato chiamando e raccogliendo i fedeli per la Santa messa.

Ora è lì, in pensione, e si fa fotografare come una diva del muto. Oh quanto vorrei udire il suono delle campane a distesa, la voce di Dio e invece mi par che siano silenti, le belle campane, e non solamente a Berchidda… Vabbè. Eccomi a Berchidda dove, sul colmo della collina che la ospita, si trova il museo del vino, “su inu”. Per capire la magia del vino vi invito a leggere le pagine dedicate alla vendemmia che si trovano nello splendido libro del nuorese Salvatore Satta “Il giorno del giudizio”. Io, che di vino ne bevo poco, sono rimasta incantata dalla scrittura vivida di un grande scrittore e mi pareva di essere lì anche io, con Sebastiano Sanna e ziu Poddanzu, quasi sacerdote di un rito pagano, tra i tini, nel profumo del mosto, mentre s’accendeva la metamorfosi misteriosa nel cuore della notte…

Sì, bello respirare pulito, nell’Italia provinciale dove ancora vive sono le tradizioni. Ma ora, presto presto, al museo del vino dove c’accoglie una bella struttura con grandi vetrate e bianche modanature metalliche. L’entrata, con degustazione, costa appena cinque euro ed è un piacere, poi, immergersi nel passato, facendo amicizia con gli antichi attrezzi della vendemmia che qui sono riuniti per raccontare un mondo ancora vivo, C’è_un rustico pigiatore in marmo, davanti al quale una delle mie compagne di gita, una giovinetta ultranovantenne, si commuove, nel raccontare che lei pure, bambina, nel suo Piemonte, a piedi scalzi e canto in gola, schiacciava i grappoli profumati.

Cari ricordi. Ecco il carretto per le uve, e due manichini in costume tradizionale sembrano salutarci mentre passiamo oltre, verso la festa dei turaccioli di sughero che qui a Berchidda s’usano anche per far le treccioline lunghe da metter sull’uscio per separare il dentro e il fuori. Sediamo nel wine bar in un girotondo di bottiglie, tutte pregiate, dei vini sardi (la vernaccia, che beveva mio padre, il vermentino, il cannonau…) ed ecco tre bicchieri di Giogantinu fresco, stillante quasi miele.

Che buono! Buono per buono ne prendo due bottiglie, una per me e una per chi mi ha invitato a far la gita. Cerchiamo poi, ai piedi dell’abitato, vicino alla cantina sociale, la pasticceria Rau, in cui si vendono la sapa, l’abbamele e cose che non trovi al supermercato. E il locale è tanto piccino da sembrare una bomboniera piena di delizie. Mi han detto che la Rau, a Natale, produce un panettone buonissimo e vorrei tanto assaggiarlo.

Berchidda, nel tramonto, tra le sue casine rosa, ci saluta, via ad Oschiri (con l’accento sulla “O”) dove cerchiamo al cimitero la spettacolare chiesina di San Demetrio. E’ del Duecento, piccola che pare la casina dei sette nani. Dentro, spoglia, semplice, essenziale. In fondo c’è la stupenda statua di San Demetrio, in veste episcopale. Mi avvicino: è un bambino! Ma certo, perché i Santi, seguendo la stretta via che conduce al Signore, ritornano innocenti, infanti, deliziosamente puri!

E’ tempo di visitare la Chiesa parrocchiale dedicata all’Immacolata e… oh meraviglia! Arriviamo alle sei e suonano le campane a festa chiamando i devoti alla Messa! Seguiamo un’anziana (in cuor mio il ringraziamento sboccia come rosa) e passiamo per un vicolino stretto stretto, affascinante, poetico, che pare uscito dal Medio Evo. Camminando camminando, per me è tempo di preghiera, mentre la macchina ci conduce alla quiete domestica. La gita, questa gita, è finita.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.