Per conoscere i luoghi occorre andarci, non foss’altro che per poterli raccontare. Ed io amo percorrere le strade, ma anche le vie più strette, sconosciute. E poi, chissà quante volte capita di passare in alcuni luoghi al punto che diventano famigliari, magari senza conoscerne la storia. E invece la storia sta scritta proprio lì. Ed ognuno la racconta a modo suo.

Il paese di Carezzano si trova in provincia di Alessandria, sui Colli Tortonesi. Accanto a Villalvernia, Paderna, Castellania, Sant’Agata Fossili e Costa Vescovato.

Una vista d’insieme del nucleo abitato

Carezzano Superiore, in dialetto “Carsan Sura”, venne quasi certamente fondato da antiche popolazioni liguri, come dimostra il nome che deriverebbe da “car” e “san” (“alto sito” in ligure antico); il nome avvalorerebbe la tesi che Carezzano Superiore, per la sua posizione più elevata, sia il sito più antico, da cui poi deriverebbe il più recente Carezzano Maggiore.

L’antica chiesa del paese intitolata a S. Eusebio sorgeva sull’altura dove ora si trova l’edificio sede della SAOMS, annesso vi era il cimitero (come dimostrato dal rinvenimento di ossa umane durante i lavori).

L’edificio sede della SAOMS

A questa antica parrocchia vennero trasferite le competenze della pieve di Vezzano.

Nel 1576, a causa delle cattive condizioni in cui versava la chiesa (già documentate nel 1542), la parrocchia venne trasferita da Don Mantelli, con l’autorizzazione del Vescovo Mons. Cesare Gambara, a Carezzano Maggiore.

Bisognerà attendere il 1648 affinché Carezzano Superiore riottenga la sua parrocchia.

Da allora si avranno la Parrocchia di Santa Maria e S. Eusebio in Carezzano Maggiore e la parrocchia di S. Eusebio in Carezzano Superiore.

la parrocchia di S. Eusebio in Carezzano Superiore

La vecchia chiesa distrutta dal terremoto del 1828, venne ricostruita nel 1831 in centro paese con il fattivo apporto della popolazione che la eresse in soli 6 mesi come riportato dall’epigrafe apposta sulla facciata; non aveva campanile ma una sgraziata torre mozza. Il campanile venne costruito un secolo dopo, nel 1931 con il contributo dei parrocchiani.

il campanile

Nella nuova chiesa si possono ammirare gli affreschi del pittore Pietro Maggi.

L’antica sede comunale

Carezzano Superiore fu comune autonomo fino al 1928; l’antica sede comunale era posta all’attuale n.63 di Via Centrale, caratterizzata ancora oggi da grandi massi levigati ai lati dell’entrata. Tale struttura faceva parte di un complesso di edifici (torre di guardia) probabilmente posti a scopo difensivo sulla sommità della collina. Successivamente la sede comunale venne spostata nell’edificio attualmente sede della SAOMS, nel quale trovavano spazio anche le scuole.

Nella parte bassa del paese sorgeva l’antico nucleo medievale denominato ancora oggi “cittadella”

IL DIALETTO CAREZZANESE

Il dialetto ha rappresentato, per svariate generazioni, la forma orale di espressione comunemente utilizzata dagli abitanti dei paesi. Fino al secondo dopoguerra, l’istruzione obbligatoria si fermava alla terza elementare e quindi, per coloro che non proseguivano gli studi, l’italiano rappresentava una “seconda lingua” rispetto al dialetto; ancora negli anni ’80 e ’90 non era raro imbattersi in anziani che, per esprimersi in italiano, eseguissero mentalmente la traduzione simultanea del dialetto.

Pur avendo un’impostazione comune, il dialetto è differente in ogni singolo paese e frazione della zona: vocali pronunciate in modo più o meno aperto, vocaboli diversi e, addirittura, forme grammaticali differenti consentivano di identificare, dopo poche parole, la località di provenienza della persona.

Prendendo come esempio la frase italiana “non ho mangiato”, a Carezzano Maggiore si dice “à n’ö méia mangià”, a Carezzano Superiore “à n’ö mìa mangià”, mentre a Tortona “ö mangià no”.

Non è semplice risalire alla matrice del dialetto locale e dargli una connotazione storica precisa, in quanto mancano studi specifici e riferimenti bibliografici. Si può comunque dire che il dialetto carezzanese fa parte della famiglia dei dialetti gallo-italici. Essendo un territorio di confine, gli influssi sono molteplici, dal ligure al lombardo, dall’emiliano al piemontese; è difficile definire quale influsso sia preponderante, va comunque osservato che alcuni termini, alcune costruzioni grammaticali e alcune espressioni fonetiche siano simili al francese.

Negli ultimi decenni l’utilizzo del dialetto sta rapidamente scomparendo: viene, infatti, utilizzato solo dagli anziani in conversazioni confidenziali; i più giovani che lo conoscono, spesso non lo pronunciano in modo corretto, storpiando molti termini per renderli più simili all’italiano. Si sta così perdendo, purtroppo, un patrimonio culturale antico di secoli, non ché una forma orale di espressione ricca di vocaboli, modi di dire e sfumature difficilmente replicabili in italiano

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