Scrive Fausto Miotti che l’11 dicembre 1619, con rogito del notaio e cancelliere episcopale Domenico Cavalli, il reverendo e dottore in ambo le leggi Giacomo Spinola, cittadino tortonese, ottenne dal vescovo Cosmo Dossena che la cappella sotto il titolo di S. Antonio abate, nella cattedrale di Tortona, gli fosse concessa con la facoltà di poterla “ornare e fabbricarvi la sua sepoltura. Lo Spinola si impegnò anche di conservare presso il suo altare la reliquia di S. Marziano alla quale era particolarmente devoto, previa l’autorizzazione che ottenne anche dall’amministrazione cittadina, contitolare della reliquia del santo patrono della città.

Fu così che negli anni successivi fu portata a termine la ricostruzione dell’altare con l’esborso di notevoli somme di denaro. Lo stesso Giacomo Spinola scrivendo al vescovo Paolo Arese ricordava di aver adempiuto alla promessa fatta al predecessore e di aver speso per ornare la cappella e il suo altare la somma di ottocentocinquanta scuti “nel modo che di presente si vede con marmi bianchi fini colonne et pittura della B. Vergine in gloria, con il martirio del medesimo S. Marziano e per conto della Reliquia scuti settecentocinquanta in un busto e mitra tutto d’argento fino et provvisto in oltre di calici e patina parimenti d’argento”.

Il patronato dell’altare fu lasciato da Giacomo Spinola ai suoi nipoti fin quando il vescovo Carlo Pejretti fece interdire l’ufficiatura e smembrò l’ancona intorno al 1786, ricollocando la tela che raffigura il martirio di S. Marziano nell’abside della stessa cattedrale. Un’attribuzione ormai consolidata pone il dipinto nell’ambito del pittore Camillo Procaccini (1561-1629) e lo colloca intorno al 1622, contemporaneamente alla creazione del busto argenteo di S. Marziano commissionato anch’esso da Giacomo Spinola e recentemente attributo all’orafo Domenico Vigne di Genova.

Sulla volta il dipinto raffigurante il martirio di S. Marziano è di Paolo Maggi (metà del XIX secolo).

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